Dragon Ball Super: il retcon di Bardack è davvero una buona idea?
Il buon cuore di Goku è il risultato del tempo trascorso sul pianeta Terra o va invece attribuito alla natura inspiegabilmente umana del padre Bardack?
Originariamente introdotto in "Le origini del mito", uno speciale televisivo di Dragon Ball Z trasmesso in Giappone nel lontano mese di ottobre 1990, e solo menzionato poche settimane più tardi nel capitolo 307 del capolavoro di Akira Toriyama, Bardock (o Bardack) ci venne presentato come un guerriero molto diverso dal resto dei Saiyan. Al pari di qualsiasi altro Saiyan dell'Universo 7, il padre di Goku e Raditz amava combattere e uccidere a sangue freddo, eppure sotto l'arroganza e spietatezza tipica del proprio popolo si celavano un pizzico di umanità e un lucidissimo senso del giudizio.
Come i fan più attenti dell'immaginario di Toriyama avranno già notato qualche anno fa, a partire da Dragon Ball Minus, ossia il capitolo speciale incluso nel manga intitolato Jaco the Galactic Patrolman, la caratterizzazione dell'alieno è stata progressivamente alterata. A tal proposito, i recenti capitoli del manga di Dragon Ball Super hanno addirittura lasciato intendere che il cuore tenero di Kakaroth potrebbe essere in realtà un tratto di famiglia, e non il risultato del violento colpo alla testa che un Goku ancora bambino prese cadendo in un burrone. Dinanzi a tali supposizioni abbiamo quindi riesaminato tutti i dati su Bardock in nostro possesso, al fine di comprendere meglio l'entità delle modifiche apportate alla sua caratterizzazione da Toriyama e Toyotaro.
Le origini del mito
Ideato in realtà da Katsuyoshi Nakatsuru, al tempo un tirocinante di Toriyama, e in seguito approvato dal sensei, che appunto decise di includerlo in due tavole del proprio manga, Bardock era un abile e spietato combattente per giunta in possesso di un livello di combattimento piuttosto elevato: nonostante fosse solo un guerriero di infimo livello (almeno dal punto di vista sociale), la sua forza aveva infatti un valore che si aggirava attorno ai 10.000, ben al di sopra della media tipica dei Saiyan o degli altri soldati di Freezer.
Basti pensare che un guerriero di classe media come Nappa aveva una potenza combattiva pari a 4.000, mentre lo stesso Vegeta, al suo arrivo sulla Terra, raggiungeva "solo" quota 18.000. Come rivelato da "Dragon Ball Z - Le origni del Mito", Bardock era al comando di un piccolo plotone di soli Saiyan, col quale attaccava e conquistava tutti i pianeti di volta in volta assegnati alla sua squadra dal tiranno intergalattico Freezer, affinché questi potesse venderli. Autentico fanatico della lotta, l'affascinante Saiyan sfoggiava il più totale disinteresse nei confronti della propria famiglia, tant'è che il giorno della nascita del figlio si rifiutò di andare a conoscere "un moccioso di infimo livello combattivo" e preferì invece guidare l'attacco al pianeta Kanassa, ignorando che proprio quella scelta avrebbe cambiato il suo destino, quello di Kakaroth e soprattutto quello di Freezer. Colpito alle spalle dall'unico Kanassiano sopravvissuto alla furia dei Saiyan trasformati in Scimmioni, Bardock acquisì suo malgrado il dono della precognizione, grazie al quale cominciò gradualmente a vedere in anticipo il tremendo futuro cui la razza più orgogliosa della galassia sarebbe andata incontro di lì a poco.
Visione dopo visione, il Saiyan poté ad esempio osservare alcuni momenti chiave della vita che il figlio Kakaroth avrebbe condotto sulla Terra, ma a turbarlo fu la distruzione del pianeta Vegeta per mano dello stesso Freezer. Sebbene Bardock nutrisse già dei sospetti nei confronti del tiranno, dapprima il Saiyan non diede molta importanza al contenuto delle visioni, ma quando scoprì che il suo plotone era stato eliminato da Dodoria e i suoi scagnozzi, realizzò con orrore che quelle avute fino a quel momento non erano soltanto delle allucinazioni, ma veri e propri assaggi di un futuro imminente.
Scampato miracolosamente alla morte e mostrando un profondo quanto inaspettato attaccamento nei confronti di coloro che erano stati suoi compagni d'arme, il fiero combattente giurò quindi di vendicare la propria squadra e di fermare il piano di Freezer. Tuttavia, una volta tornato sul pianeta Vegeta, Bardock non venne minimamente creduto dagli altri Saiyan, che a differenza sua provavano un'assoluta fedeltà nei confronti dell'imperatore dell'Universo 7. Anziché darsi per vinto, il padre di Goku provò comunque a opporsi al destino e, dando ancora una volta prova dello smisurato orgoglio Saiyan, sfidò personalmente il potente Freezer, che come sappiamo si rese autore della sua fine.
Pochi istanti prima di esplodere assieme al pianeta Vegeta, però, Bardock vide un Kakaroth ormai cresciuto e in procinto di sfidare Freezer, intuendo dunque che in futuro lontano sarebbe stato proprio il suo secondogenito a vendicare il popolo dei Saiyan. Di conseguenza, se fino a quel momento non si era minimamente curato di Kakaroth, che per giunta era stato spedito su un pianeta remoto, solo in quel fugace istante Bardock si mostrò orgoglioso del proprio figlio, poiché appunto avrebbe un giorno raccolto il suo retaggio. Il fascino dell'impavido Bardock originale era insomma dovuto al forte senso di indipendenza, alle radicate convinzioni, alla ferocia esibita sul campo di battaglia e non per ultima alla fierezza di appartenere a una stirpe di guerrieri, ossia caratteristiche che lo hanno definito fino al suo ultimissimo istante di vita.
Da Minus a Super: una lenta retcon
Pubblicato nel mese di aprile 2014 in appendice al tankobon del già menzionato Jaco the Galactic Patrolman, il capitolo speciale disegnato da Toriyama e intitolato "Dragon Ball Minus - Il lancio del terribile bambino" iniziò a plasmare in maniera alquanto differente la figura di Bardock, che in seguito è stata ripresa e approfondita prima dal lungometraggio Dragon Ball Super: Broly (a proposito, qui trovate la nostra recensione di Dragon Ball Super: Broly) e in tempi più recenti dalla cosiddetta "Saga di Granolah il Superstite" nel manga di Dragon Ball Super.
Nei primi due, Bardock è stato sì descritto come un individuo caparbio, scaltro e piuttosto sospettoso, al punto tale da comprendere in anticipo - e senza l'ausilio di alcun potere precognitivo - le vere intenzioni di un Freezer apparentemente interessato alle leggende del Super Saiyan e del Super Saiyan God, ma anche inspiegabilmente legato alla famiglia. Non solo la nuova versione canonica di Bardock aveva una moglie verso la quale provava un amore sincero, arrivando a volerla tenere lontana dalle battaglie per la sua stessa incolumità, ma addirittura appariva interessato ai figli, preoccupandosi in modo particolare per l'avvenire del piccolo Kakaroth. Indispettito dalla decisione dell'imperatore dell'Universo 7 di radunare tutti i Saiyan sul pianeta Vegeta, Bardock annunciò infatti alla moglie Gine di voler rubare una sfera con cui spedire il bambino di soli tre anni su un lontano pianeta (e magari non troppo ostile, vista la sua scarsissima capacità combattiva), promettendole però di andare a riprenderlo nel caso in cui le sue paure si fossero rivelate del tutto infondate. Così facendo, Bardock ha quindi dimostrato un attaccamento molto forte nei confronti del figlioletto, tanto da spingere la stessa Gine a definire il suo comportamento davvero insolito per un Saiyan.
Attraverso i capitoli 76 e 77 di Dragon Ball Super, ovvero nel pieno svolgimento dello scontro tra Granolah e i nostri eroi, l'intervento dell'anziano Namecciano di nome Monaito ha rivelato che quello non fu affatto un caso isolato, in quanto prima di allora Bardock aveva già dato sfoggio della propria umanità.
Durante l'invasione del pianeta Cereal, infatti, il padre di Raditz e Kakaroth, che solo pochi mesi prima si era perso la nascita del secondogenito a causa di una missione alquanto lunga, aveva inesplicabilmente deciso di risparmiare una donna e il suo bambino, poiché gli ricordavano appunto Gine e il piccolo Kakaroth. Affinché potessero evitare di essere massacrati assieme a tutti gli altri esponenti della loro razza, Bardock si vide costretto a mentire ai suoi compagni e, dopo aver asserito di voler restare su Cereal per eliminare eventuali superstiti, nascose il piccolo Granolah e sua madre Muezli nella dimora di Monaito. Sfortunatamente la donna rimase comunque uccisa da un colpo di pistola di Elic, ma l'intervento di un adirato Bardock, che in quella circostanza arrivò persino a scagliarsi contro un gruppo di intermediari al servizio di Freezer, permise quantomeno a Granolah e al vecchio Namecciano di sopravvivere.
Pertanto, sono ormai parecchi i comportamenti irregolari del Bardock canonico, che per volere di Toriyama è passato dall'essere un guerriero crudele e disumano, nonché propenso a compiere un genocidio dopo l'altro, a vestire i panni del padre di famiglia compassionevole e magnanimo. Dei tratti estremamente incompatibili con la caratterizzazione originale del personaggio e con la natura tipica dei Saiyan.
Il vero lascito di Bardock?
Tornando al presente, se da una parte lo scioccante racconto di Monaito ha fatto sì che il rancoroso Granolah scoprisse di essere stato salvato proprio da un esponente dell'odiata razza dei Saiyan, dall'altra il Namecciano ha finalmente offerto al nostro Goku la possibilità di scoprire alcuni dettagli sulla figura del padre, di cui purtroppo aveva perso qualsiasi ricordo.
Probabilmente infastidito dalla condotta anomala di Bardock, dal canto suo Vegeta non ha perso l'occasione per ammonire il rivale, asserendo che il suo cuore tenero sia chiaramente una caratteristica di famiglia. È possibile che l'orgoglioso principe dei Saiyan volesse soltanto punzecchiare Goku e redarguirlo per tutte le volte in cui, nel corso degli anni, la sua innata (e invero insopportabile) ingenuità l'abbia spinto a compiere azioni insensate e a risparmiare i nemici, per poi pentirsene subito dopo. Tuttavia, visti i precedenti di Toriyama e Toyotaro, la nostra sensazione è che dietro quelle parole possa invece nascondersi la precisa volontà di giustificare o comunque attribuire almeno una parte dei comportamenti ingiustificabili e troppo buoni di Goku al padre Bardock, sminuendo inevitabilmente l'importanza dei valori che a suo tempo l'amabile nonnino Gohan cercò di trasmettere al misterioso bimbo con la coda.
È una scelta che fatichiamo a comprendere e ad accettare, in quanto i due autori, così facendo, non farebbero altro che ridimensionare l'influenza che la Terra e i suoi abitanti ebbero sul piccolo Kakaroth, che da alieno invasore incaricato di conquistare il pianeta per rivenderlo al giusto prezzo ne divenne invece il principale protettore.
Tenendo infine presente il pochissimo tempo che il bambino di soli tre anni aveva passato col proprio padre prima ancora di essere spedito su un pianeta remoto e di perdere completamente la memoria come risultato del fatidico colpo alla testa, l'ennesimo rimaneggiamento del mito di Dragon Ball si sta insomma rivelando inefficace, non necessario e forse persino irrispettoso verso il percorso di maturazione compiuto dall'eroico Saiyan cresciuto sulla Terra.
Dragon Ball Super: il retcon di Bardack è davvero una buona idea?
Il buon cuore di Goku è il risultato del tempo trascorso sul pianeta Terra o va invece attribuito alla natura inspiegabilmente umana del padre Bardack?
Originariamente introdotto in "Le origini del mito", uno speciale televisivo di Dragon Ball Z trasmesso in Giappone nel lontano mese di ottobre 1990, e solo menzionato poche settimane più tardi nel capitolo 307 del capolavoro di Akira Toriyama, Bardock (o Bardack) ci venne presentato come un guerriero molto diverso dal resto dei Saiyan. Al pari di qualsiasi altro Saiyan dell'Universo 7, il padre di Goku e Raditz amava combattere e uccidere a sangue freddo, eppure sotto l'arroganza e spietatezza tipica del proprio popolo si celavano un pizzico di umanità e un lucidissimo senso del giudizio.
Come i fan più attenti dell'immaginario di Toriyama avranno già notato qualche anno fa, a partire da Dragon Ball Minus, ossia il capitolo speciale incluso nel manga intitolato Jaco the Galactic Patrolman, la caratterizzazione dell'alieno è stata progressivamente alterata. A tal proposito, i recenti capitoli del manga di Dragon Ball Super hanno addirittura lasciato intendere che il cuore tenero di Kakaroth potrebbe essere in realtà un tratto di famiglia, e non il risultato del violento colpo alla testa che un Goku ancora bambino prese cadendo in un burrone. Dinanzi a tali supposizioni abbiamo quindi riesaminato tutti i dati su Bardock in nostro possesso, al fine di comprendere meglio l'entità delle modifiche apportate alla sua caratterizzazione da Toriyama e Toyotaro.
Le origini del mito
Ideato in realtà da Katsuyoshi Nakatsuru, al tempo un tirocinante di Toriyama, e in seguito approvato dal sensei, che appunto decise di includerlo in due tavole del proprio manga, Bardock era un abile e spietato combattente per giunta in possesso di un livello di combattimento piuttosto elevato: nonostante fosse solo un guerriero di infimo livello (almeno dal punto di vista sociale), la sua forza aveva infatti un valore che si aggirava attorno ai 10.000, ben al di sopra della media tipica dei Saiyan o degli altri soldati di Freezer.
Basti pensare che un guerriero di classe media come Nappa aveva una potenza combattiva pari a 4.000, mentre lo stesso Vegeta, al suo arrivo sulla Terra, raggiungeva "solo" quota 18.000. Come rivelato da "Dragon Ball Z - Le origni del Mito", Bardock era al comando di un piccolo plotone di soli Saiyan, col quale attaccava e conquistava tutti i pianeti di volta in volta assegnati alla sua squadra dal tiranno intergalattico Freezer, affinché questi potesse venderli. Autentico fanatico della lotta, l'affascinante Saiyan sfoggiava il più totale disinteresse nei confronti della propria famiglia, tant'è che il giorno della nascita del figlio si rifiutò di andare a conoscere "un moccioso di infimo livello combattivo" e preferì invece guidare l'attacco al pianeta Kanassa, ignorando che proprio quella scelta avrebbe cambiato il suo destino, quello di Kakaroth e soprattutto quello di Freezer. Colpito alle spalle dall'unico Kanassiano sopravvissuto alla furia dei Saiyan trasformati in Scimmioni, Bardock acquisì suo malgrado il dono della precognizione, grazie al quale cominciò gradualmente a vedere in anticipo il tremendo futuro cui la razza più orgogliosa della galassia sarebbe andata incontro di lì a poco.
Visione dopo visione, il Saiyan poté ad esempio osservare alcuni momenti chiave della vita che il figlio Kakaroth avrebbe condotto sulla Terra, ma a turbarlo fu la distruzione del pianeta Vegeta per mano dello stesso Freezer. Sebbene Bardock nutrisse già dei sospetti nei confronti del tiranno, dapprima il Saiyan non diede molta importanza al contenuto delle visioni, ma quando scoprì che il suo plotone era stato eliminato da Dodoria e i suoi scagnozzi, realizzò con orrore che quelle avute fino a quel momento non erano soltanto delle allucinazioni, ma veri e propri assaggi di un futuro imminente.
Scampato miracolosamente alla morte e mostrando un profondo quanto inaspettato attaccamento nei confronti di coloro che erano stati suoi compagni d'arme, il fiero combattente giurò quindi di vendicare la propria squadra e di fermare il piano di Freezer. Tuttavia, una volta tornato sul pianeta Vegeta, Bardock non venne minimamente creduto dagli altri Saiyan, che a differenza sua provavano un'assoluta fedeltà nei confronti dell'imperatore dell'Universo 7. Anziché darsi per vinto, il padre di Goku provò comunque a opporsi al destino e, dando ancora una volta prova dello smisurato orgoglio Saiyan, sfidò personalmente il potente Freezer, che come sappiamo si rese autore della sua fine.
Pochi istanti prima di esplodere assieme al pianeta Vegeta, però, Bardock vide un Kakaroth ormai cresciuto e in procinto di sfidare Freezer, intuendo dunque che in futuro lontano sarebbe stato proprio il suo secondogenito a vendicare il popolo dei Saiyan. Di conseguenza, se fino a quel momento non si era minimamente curato di Kakaroth, che per giunta era stato spedito su un pianeta remoto, solo in quel fugace istante Bardock si mostrò orgoglioso del proprio figlio, poiché appunto avrebbe un giorno raccolto il suo retaggio. Il fascino dell'impavido Bardock originale era insomma dovuto al forte senso di indipendenza, alle radicate convinzioni, alla ferocia esibita sul campo di battaglia e non per ultima alla fierezza di appartenere a una stirpe di guerrieri, ossia caratteristiche che lo hanno definito fino al suo ultimissimo istante di vita.
Da Minus a Super: una lenta retcon
Pubblicato nel mese di aprile 2014 in appendice al tankobon del già menzionato Jaco the Galactic Patrolman, il capitolo speciale disegnato da Toriyama e intitolato "Dragon Ball Minus - Il lancio del terribile bambino" iniziò a plasmare in maniera alquanto differente la figura di Bardock, che in seguito è stata ripresa e approfondita prima dal lungometraggio Dragon Ball Super: Broly (a proposito, qui trovate la nostra recensione di Dragon Ball Super: Broly) e in tempi più recenti dalla cosiddetta "Saga di Granolah il Superstite" nel manga di Dragon Ball Super.
Nei primi due, Bardock è stato sì descritto come un individuo caparbio, scaltro e piuttosto sospettoso, al punto tale da comprendere in anticipo - e senza l'ausilio di alcun potere precognitivo - le vere intenzioni di un Freezer apparentemente interessato alle leggende del Super Saiyan e del Super Saiyan God, ma anche inspiegabilmente legato alla famiglia. Non solo la nuova versione canonica di Bardock aveva una moglie verso la quale provava un amore sincero, arrivando a volerla tenere lontana dalle battaglie per la sua stessa incolumità, ma addirittura appariva interessato ai figli, preoccupandosi in modo particolare per l'avvenire del piccolo Kakaroth. Indispettito dalla decisione dell'imperatore dell'Universo 7 di radunare tutti i Saiyan sul pianeta Vegeta, Bardock annunciò infatti alla moglie Gine di voler rubare una sfera con cui spedire il bambino di soli tre anni su un lontano pianeta (e magari non troppo ostile, vista la sua scarsissima capacità combattiva), promettendole però di andare a riprenderlo nel caso in cui le sue paure si fossero rivelate del tutto infondate. Così facendo, Bardock ha quindi dimostrato un attaccamento molto forte nei confronti del figlioletto, tanto da spingere la stessa Gine a definire il suo comportamento davvero insolito per un Saiyan.
Attraverso i capitoli 76 e 77 di Dragon Ball Super, ovvero nel pieno svolgimento dello scontro tra Granolah e i nostri eroi, l'intervento dell'anziano Namecciano di nome Monaito ha rivelato che quello non fu affatto un caso isolato, in quanto prima di allora Bardock aveva già dato sfoggio della propria umanità.
Durante l'invasione del pianeta Cereal, infatti, il padre di Raditz e Kakaroth, che solo pochi mesi prima si era perso la nascita del secondogenito a causa di una missione alquanto lunga, aveva inesplicabilmente deciso di risparmiare una donna e il suo bambino, poiché gli ricordavano appunto Gine e il piccolo Kakaroth. Affinché potessero evitare di essere massacrati assieme a tutti gli altri esponenti della loro razza, Bardock si vide costretto a mentire ai suoi compagni e, dopo aver asserito di voler restare su Cereal per eliminare eventuali superstiti, nascose il piccolo Granolah e sua madre Muezli nella dimora di Monaito. Sfortunatamente la donna rimase comunque uccisa da un colpo di pistola di Elic, ma l'intervento di un adirato Bardock, che in quella circostanza arrivò persino a scagliarsi contro un gruppo di intermediari al servizio di Freezer, permise quantomeno a Granolah e al vecchio Namecciano di sopravvivere.
Pertanto, sono ormai parecchi i comportamenti irregolari del Bardock canonico, che per volere di Toriyama è passato dall'essere un guerriero crudele e disumano, nonché propenso a compiere un genocidio dopo l'altro, a vestire i panni del padre di famiglia compassionevole e magnanimo. Dei tratti estremamente incompatibili con la caratterizzazione originale del personaggio e con la natura tipica dei Saiyan.
Il vero lascito di Bardock?
Tornando al presente, se da una parte lo scioccante racconto di Monaito ha fatto sì che il rancoroso Granolah scoprisse di essere stato salvato proprio da un esponente dell'odiata razza dei Saiyan, dall'altra il Namecciano ha finalmente offerto al nostro Goku la possibilità di scoprire alcuni dettagli sulla figura del padre, di cui purtroppo aveva perso qualsiasi ricordo.
Probabilmente infastidito dalla condotta anomala di Bardock, dal canto suo Vegeta non ha perso l'occasione per ammonire il rivale, asserendo che il suo cuore tenero sia chiaramente una caratteristica di famiglia. È possibile che l'orgoglioso principe dei Saiyan volesse soltanto punzecchiare Goku e redarguirlo per tutte le volte in cui, nel corso degli anni, la sua innata (e invero insopportabile) ingenuità l'abbia spinto a compiere azioni insensate e a risparmiare i nemici, per poi pentirsene subito dopo. Tuttavia, visti i precedenti di Toriyama e Toyotaro, la nostra sensazione è che dietro quelle parole possa invece nascondersi la precisa volontà di giustificare o comunque attribuire almeno una parte dei comportamenti ingiustificabili e troppo buoni di Goku al padre Bardock, sminuendo inevitabilmente l'importanza dei valori che a suo tempo l'amabile nonnino Gohan cercò di trasmettere al misterioso bimbo con la coda.
È una scelta che fatichiamo a comprendere e ad accettare, in quanto i due autori, così facendo, non farebbero altro che ridimensionare l'influenza che la Terra e i suoi abitanti ebbero sul piccolo Kakaroth, che da alieno invasore incaricato di conquistare il pianeta per rivenderlo al giusto prezzo ne divenne invece il principale protettore.
Tenendo infine presente il pochissimo tempo che il bambino di soli tre anni aveva passato col proprio padre prima ancora di essere spedito su un pianeta remoto e di perdere completamente la memoria come risultato del fatidico colpo alla testa, l'ennesimo rimaneggiamento del mito di Dragon Ball si sta insomma rivelando inefficace, non necessario e forse persino irrispettoso verso il percorso di maturazione compiuto dall'eroico Saiyan cresciuto sulla Terra.
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