Dragon Ball Z: La Resurrezione di F segna la deriva deludente di Super

Nella sezione anime di Netflix c'è Dragon Ball Z: La Resurrezione di F, lungometraggio analogo al secondo arco narrativo di Super.

Dragon Ball Z: La Resurrezione di F segna la deriva deludente di Super
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Nel nostro precedente appuntamento vi abbiamo parlato di Dragon Ball Z: La battaglia degli dei, film anime datato 2014 - e disponibile su Netflix nella sezione Anime - che ha segnato il ritorno del celebre franchise di Akira Toriyama dopo tanti anni di assenza, oltre che l'inizio di nuove e importanti basi narrative. Il lungometraggio dell'anno successivo, ovvero Dragon Ball Z: La Resurrezione di F (anch'esso disponibile sulla piattaforma streaming) aveva il compito di proseguire il trend di un ritorno che, tutto sommato, potevamo definire positivo. Purtroppo il sequel della saga di Lord Beerus (o Bills, se preferite) pone più domande che risposte e riporta in auge uno dei villain più amati (forse il più acclamato di tutti) per un ritorno che, francamente, delude sotto diverse aspetti.


Il ritorno del villain più grande di tutti

Circa un anno dopo la battaglia tra Goku e Beerus (la piccola Pan, che abbiamo conosciuto nel grembo materno, è adesso una neonata) uno sparuto gruppetto di soldati appartenenti all'esercito di Freezer decide di riportare in vita il tiranno galattico, costretto (questa, poi, Akira-sensei e soci devono proprio spiegarcela...) a trascorrere l'eternità da morto in una sorta di purgatorio popolato da bambole, fate e orsacchiotti. Una volta tornato alla vita, lo storico nemico dei Saiyan ovviamente brama vendetta contro Goku e i suoi amici e pensa alla soluzione più logica: allenarsi, per la prima volta in vita sua, in modo da innalzare a dismisura il potere latente di chi come lui non ha mai avuto il bisogno di un addestramento. Le premesse della storia, con Goku e Vegeta (forti di un intenso addestramento con Whis sul pianeta di Beerus) contro una versione rinnovata del nemico giurato dei Saiyan si prospettano interessanti e avvincenti, ma le vicende che si dipanano nel corso della trama potrebbero finire con il deludere i fan più affezionati e puristi al franchise di Dragon Ball. Dragon Ball Z: La Resurrezione di F, in termini visivi, conferma la bontà grafica già dimostrata da La Battaglia degli Dei, con animazioni e disegni largamente superiori alla sua disastrosa versione seriale in Dragon Ball Super; purtroppo è la narrazione che, in tante occasioni, sconvolge ogni tipo di canovaccio classico, lasciando ai fan nient'altro che un ricordo nostalgico e un senso di amarezza nei confronti dell'antagonista appartenente a una saga riconosciuta da molti come la più appassionante e avvincente dell'opera cult di Toriyama.

Trasformazioni e ricordi sbiaditi

Il fulcro della narrazione di Dragon Ball Z: La Resurrezione di F sono le trasformazioni, che al tempo stesso corrispondono anche clamorosamente alla nota più dolente. I 4 mesi di allenamento permetteranno a Freezer di sviluppare un'ulteriore trasformazione di colore dorata, mentre Goku e Vegeta sfoggeranno i risultati degli insegnamenti di Whis diventando entrambi Super Saiyan God Super Saiyan - uno stadio evolutivo che, in seguito, sarà ribattezzato Super Saiyan Blue a causa della colorazione azzurra dei capelli. Tale trasformazione eleva ancor di più la potenza del Super Saiyan God, proiettando i due guerrieri in un'ulteriore dimensione di forza divina: in questa fase del film, che ne corrisponde poi il fulcro, vediamo venir meno ogni tipo di coerenza a quelli che dovrebbero essere gli schemi canonici, con un combattimento finale tra i due protagonisti e Freezer costellato di momenti altalenanti e senza mai un vero e proprio climax - se non nei minuti finali della pellicola, che portano verso una conclusione narrativa decisamente frettolosa e impopolare per un nemico come il tremendo imperatore galattico. Come se non bastasse, non ci vengono spiegati i motivi del perché Vegeta sia in grado di raggiungere a sua volta lo stadio del Super Saiyan God. Si arriva alla fine della pellicola con una sola domanda, più forte e più intensa di prima: c'era davvero bisogno di un film come Dragon Ball Z: La Resurrezione di F?

Forse il revival di un avversario storico come Freezer avrebbe anche meritato una chance, ma (tralasciando l'ottimo comparto visivo e la buona colonna sonora, così come il doppiaggio nuovamente a cura di Fabrizio Mazzotta) in termini puramente narrativi il film risulta decisamente insipido e, ponendosi in linea con l'arco narrativo analogo nell'anime di Dragon Ball Super, conferma molto più del suo predecessore la deriva deludente intrapresa dall'anime - che riuscirà a sollevarsi poi, gradualmente, con l'arrivo di Black Goku, Zamasu e il Torneo del Potere. Ma questa è un'altra storia, sulla quale torneremo in seguito.