Dragon Quest: Dai - la Grande Avventura, alla riscoperta di un classico

A oltre due decenni dalla conclusione, il manga di Dai - La Grande Avventura riceverà un nuovo adattamento animato. Cosa dobbiamo aspettarci?

Dragon Quest: Dai - la Grande Avventura, alla riscoperta di un classico
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È impossibile negare che il recente Jump Festa 2019 sia stato abbastanza deludente, soprattutto per chi ha dovuto attendere da casa le notizie riguardanti gli annunci e i rinnovi circa le proprie opere preferite. Eppure, tra i mancati ritorni di Bleach e Dragon Ball Super (la cui seconda serie televisiva appare da mesi vicinissima e al contempo irraggiungibile), la kermesse nipponica è stata utilizzata a sorpresa come palcoscenico per preannunciare una serie di inediti prodotti legati all'indimenticabile manga intitolato Dragon Quest: Dai - La Grande Avventura.

A distanza di 23 anni dalla conclusione del fumetto, Toei Animation ha infatti rivelato di aver messo in cantiere un nuovo anime di Dragon Quest che esordirà durante il prossimo autunno; Square Enix, invece, si è detta addirittura al lavoro su un nuovo adattamento ludico dell'opera, di cui però ignoriamo al momento sia il genere che le piattaforme sulle quali verrà eventualmente pubblicato. In attesa di scoprire i primi dettagli sui suddetti progetti, vi proponiamo dunque uno speciale sulle origini di un manga sensazionale e avvincente come pochi, ma che sfortunatamente ricevette una trasposizione animata tutt'oggi incompleta.

Dal videogioco al fumetto

Capita sempre più spesso che un videogioco riceva una trasposizione cartacea, animata o addirittura in chiave live action (come ad esempio la strepitosa serie di The Witcher prodotta da Netflix), ma negli anni 80-90 era un evento abbastanza inusuale, per non dire raro. Ciononostante, il geniale Yuji Horii e l'allora Enix erano estremamente determinati ad espandere l'immaginario di Dragon Quest con manga, anime e vari romanzi, tant'è che persino dopo la tiepida accoglienza riservata alla serie televisiva di Dragon Quest: Abel Yuusha Densetsu (letteralmente "La Leggenda dell'Eroe Abel"), il leggendario ideatore del gioco di ruolo à la giapponese coinvolse lo scrittore Riku Sanjo e l'illustratore Koji Inada nella realizzazione di un manga longevo e ambizioso. Del resto, tra magie e incantesimi di ogni tipo, il tema fantasy e l'esorbitante mostrologia della saga di Dragon Quest si prestavano alla perfezione come setting per racconti epici e cavallereschi. Come risultato, Dai no Daiboken esordì il 10 ottobre 1989 sulle pagine di Weekly Shonen Jump, sulle quali rimase per poco più di otto anni, durante i quali raggiunse addirittura la spaventosa quota di 50 milioni di volumetti venduti in tutto il globo.

Il protagonista della vicenda era il giovanissimo Dai, un orfanello cresciuto dai pacifici mostri dell'isola Delmulin, che nonostante vivesse in tempo di pace sognava di diventare un grande eroe e di sconfiggere il male. Come nelle trame dei vari episodi di Dragon Quest, tuttavia, la quiete di Dai no Daiboken non era destinata a perdurare, in quanto già nelle prime battute della vicenda il mondo intero sarebbe stato nuovamente scosso dalla resurrezione del demone Hadler e, soprattutto, dalla venuta del Grande Satana Baan, che con le proprie armate demoniache avrebbe dato inizio all'ennesima epoca di conflitti, terrore e distruzione.

Dotato di un potete latente impareggiabile e misterioso, il piccolo Dai divenne dunque il più giovane allievo del maestro Aban, un eroe fatto e compiuto, che già in passato aveva lottato e sconfitto il potente Hadler, ma che appariva quasi del tutto inerme dinanzi alla soverchiante forza del nuovo nemico. Neanche a dirlo, la prematura scomparsa del maestro avrebbe di lì a poco costretto l'inesperto Dai a raccoglierne l'eredità e a guidare lui stesso gli altri discepoli di Aban in quella che ancora oggi ricordiamo come una delle più memorabili, tragiche e sanguinose epopee fantasy dello scorso secolo, al pari di mostri sacri del calibro di Saint Seiya / I Cavalieri dello Zodiaco e Ken il Guerriero.

Una prematura trasposizione animata

A distanza di appena due anni dall'esordio sul settimanale Shonen Jump, Dragon Quest: Dai - La Grande Avventura, che nel frattempo andava conquistando una generazione di lettori nipponici e stava finalmente entrando nel vivo della vicenda, ricevette una trasposizione animata forse un po' prematura, se consideriamo che la serializzazione del manga sarebbe andata avanti per altri sei anni.

Come risultato, lo show impiegò appena 46 episodi per raggiungere le trame del fumetto, ragion per cui gli sceneggiatori furono obbligati ad anticiparne la chiusura, alterando in maniera abbastanza grossolana il finale dell'ultimo arco narrativo trasposto in animazione.

Sorvolando sulla decisione di Toei Animation di non riprendere la serie in un secondo momento, anche a causa dei radicali e spesso assurdi cambi di palinsesto che la rete televisiva TBS effettuava senza alcun preavviso, gli unici reali difetti imputabili al primo adattamento animato di Dragon Quest: Dai - La Grande Avventura sono infatti le radicali modifiche apportate all'arco narrativo del Cavaliere del Drago Baran per poter chiudere anzitempo il racconto, quando invece, a conti fatti, avrebbe dovuto segnare il reale inizio dell'avventura di Dai.

Non solo la serie tv si interruppe nel preciso istante in cui il giovane Dai scopriva le proprie origini e il segreto del misterioso emblema del drago - che nei momenti di maggior difficoltà compariva sulla fronte del ragazzo, donandogli dei poteri smisurati e apparentemente insovvertibili - ma la soluzione escogitata dagli sceneggiatori rese oltremodo difficile un eventuale (e mai effettuato) ripescaggio da parte dell'ente televisivo, poiché appunto saltava a piè pari uno dei passaggi più delicati e fondamentali dell'intera opera, nonché il vero punto di partenza del lungo percorso di crescita emotiva compiuto dal temerario protagonista.

Il difficile approdo nel Bel Paese

Nonostante l'indiscussa bontà del suo comparto narrativo, in Italia il manga di Dragon Quest: Dai - La Grande Avventura ha faticato più di altre opere a ritagliarsi la giusta fetta di lettori. Pubblicato da Star Comics a partire dal 1997, ossia ben otto anni dopo l'esordio in patria, il fumetto prese il posto dell'appena conclusosi Dragon Ball all'interno della nota collana Dragon, dando origine a un malinteso interamente nostrano: non solo una vasta fetta di lettori vedeva infatti un nesso inesistente fra le due opere, ma addirittura fraintese il nome del manga, che a causa delle diciture in copertina divenne praticamente "Dragon Dai".

L'anime, invece, esordì senza censure e con le sigle giapponesi nel gennaio del '98 su Junior Tv, che per l'occasione abbreviò il titolo originale nel solo "Dragon Quest". Solo nel 2002, infatti, la serie televisiva piombò nel cosiddetto launch time di Italia 1, dove però ricevette delle censure piuttosto pesanti e malcelate, che unite a un adattamento infedele ne penalizzarono non poco la qualità complessiva. Ad ogni modo, anche grazie ad alcuni accostamenti vocali più riusciti di altri (fra i quali ricordiamo le strepitose interpretazioni di Tony Fuochi e Marco Balzarotti, rispettivamente nei panni di Crocodyne/Dracon e Baran), la serie ribattezzata in "I Cavalieri del Drago" registrò degli ascolti più che soddisfacenti, al punto tale da guadagnarsi, appena un anno dopo, un ciclo completo di repliche sulla rete satellitare Italia Teen Television.

Proprio questo risultato inaspettato portò Star Comics a lanciare una ristampa del fumetto, la cui prima edizione era stata pubblicata nell'odiato formato "sottiletta" (salvo assumere la foliazione classica del tankobon a pochi volumetti dalla conclusione). A differenza di Dragon Quest - L'Emblema di Roto, che a partire dal 2015 ha ricevuto una ristampa completa all'interno della collana "Dragon Quest Saga", poi proseguita col sequel ufficiale L'Emblema di Roto II - Gli Eredi dell'Emblema, quella di Dai no Daiboken si è però interrotta nel 2003 dopo sette volumi soltanto a causa di vendite insoddisfacenti, dimostrando ancora una volta lo scarso interesse del pubblico nostrano verso l'opera di Horii, Sanjo e Inada, che probabilmente nulla avrebbe da invidiare al fumetto firmato da Kamui Fujiwara e Chiaki Kawamata.

L'anno della rinascita?

Toei Animation non ha specificato praticamente nulla riguardo al nuovo anime atteso attualmente per l'autunno 2020, se non che questo sarà appunto un prodotto ibrido fra animazione 2D e CG. Soprattutto, non è chiaro se il remake di Dragon Quest: Dai - La Grande Avventura sarà una serie televisiva o magari una serie di OAV a stagioni. In entrambi i casi, la scelta di non divulgare alcuna informazione sul progetto, limitandosi invece a pubblicare un breve teaser che mette in mostra Dai con l'equipaggiamento indossato all'inizio dell'avventura, suggerisce che il colosso nipponico voglia riesplorare la vicenda sin dalle origini.

Del resto, diversamente da quanto avvenuto con Saint Seiya: The Hades Chapter, che vide la luce solo dopo tredici anni dalla conclusione dell'arco narrativo di Poseidon, ripartire oggi laddove si interruppe il primo anime dedicato a Dai e compagni sarebbe alquanto folle. Questo poiché prima di tutto andrebbe a generare un gap qualitativo e artistico incolmabile fra le due serie, e per di più impedirebbe ai neofiti di comprendere l'intreccio al 100% (anche perché l'anime originale di Dai - La Grande Avventura, non essendo mai stato raccolto in DVD, risulta attualmente introvabile persino nel paese del Sol Levante).

Va comunque specificato che un manga longevo come quello di Dai, se adattato senza tagli e modifiche, potrebbe richiedere quasi duecento episodi (basti pensare che la volta scorsa, con 46 puntate, Toei Animation adattò circa 1/4 del racconto), ed è quindi assai improbabile che il colosso decida di trasporre l'intero fumetto attraverso una soluzione unica.

Anche perché, a giudicare dal primissimo teaser finora distribuito in rete, il nuovo anime dovrebbe vantare un comparto artistico sensazionale, con costi di produzione adeguatamente elevati. Non trattandosi di una gallina dalle uova d'oro come ONE PIECE o Naruto, è dunque plausibile che Toei Animation si limiti inizialmente a sondare il terreno adattando solo qualche arco narrativo dell'opera, per poi valutarne attentamente un eventuale prosieguo.

Certo è che il brand di Dragon Quest, anche grazie alle strepitose vendite registrate da Dragon Quest XI, Dragon Quest Builders II e gli altri recenti titoli del franchise, sta godendo di una notorietà sorprendente e in costante crescita. A ragion veduta, il 2020 potrebbe davvero rappresentare per Dragon Quest: Dai - La Grande Avventura l'anno della rivincita, o perlomeno l'ultima chance per riportare sui nostri schermi, possibilmente in edizione integrale e senza censure, uno dei più grandi classici degli anni '90. Non resta che incrociare le spade e attendere il ritorno del prode guerriero Dai, che dopo quasi un quarto di secolo sembra finalmente determinato a raccontarci per bene la propria storia.