Hunter x Hunter: Meruem è il miglior villain nella storia degli shonen?

Analizziamo le ragioni per cui l'antagonista della Saga delle Formichimere entra di diritto nell'olimpo dei migliori villain mai concepiti.

Hunter x Hunter: Meruem è il miglior villain nella storia degli shonen?
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Sulla piattaforma streaming di Amazon (recuperate di seguito tutte le uscite anime su Amazon di aprile) è da poco arrivata la terza e ultima stagione di Hunter x Hunter, che traspone l'apprezzata Saga delle Formichimere e ci presenta uno dei villain più memorabili dell'intero panorama shonen. Con la saga in questione la serie targata Madhouse raggiunge il suo climax animando per la prima volta l'arco narrativo dedicato alle formichimere, mai adattato da Nippon Animation (l'anime mandato in onda a partire dal 1999 si era concluso con la Saga di Greed Island).

Ed è proprio con le Formichimere che Hunter x Hunter raggiunge il suo picco qualitativo guadagnandosi definitivamente un posto nell'olimpo dei migliori shonen e introducendo personaggi la cui eccellente caratterizzazione trova il suo approdo ultimo nell'apoteotico villain principale, Meruem.

Una costruzione da manuale

Il re delle formichimere è, di fatto, l'apice di una piramide che ne edifica la figura, la contiene, la anticipa fin dalla sua base. La straordinaria costruzione del personaggio è fin dall'inizio supportata da una fondamentale pre-costruzione, una preparazione alla sua entrata in scena, alla sua esistenza, che lo rende personaggio influente ben prima della sua effettiva comparsa. Yoshihiro Togashi è abilissimo nello scegliere e nello sfruttare oculatamente le caratteristiche e le peculiarità delle creature che decide di opporre agli hunters. La natura di insetto delle chimere gli permette di teorizzare e realizzare una gerarchia piramidale (propria delle formiche) estremamente utile all'intento di produrre un'attesa che possa ricoprire la figura dell'antagonista di un'aura di tensione e di timore tangibile persino prima della sua apparizione.

Nella graduale entrata in scena delle formichimere appartenenti ai vari gradini della scala gerarchica, con la genesi dei soldati semplici, i comandanti di squadra, i comandanti di divisione e della guardia reale, la potenza progressivamente maggiore elargita alle creature contribuisce a creare attorno al nascituro re un'aspettativa terrificante, sublimata dal timore degli eroi.
Se nel corso della narrazione vediamo, infatti, i protagonisti trovarsi in difficoltà nel combattimento contro i comandanti e finire terrorizzati dall'opprimente aura emessa dal nen di Neferpitou, Shaiapouf e Menthuthuyoupi, non ci risulta difficile immaginare la potenziale forza che la figura apicale della colonia potrebbe avere a disposizione.

Gon, Killua e compagni vogliono a tutti i costi evitare la nascita di un personaggio che si preannuncia imbattibile, che è già villain dal momento in cui la Regina mette al mondo la prima formichimera gettando le basi per la sua esistenza, cominciando un sistema proiettato al suo concepimento.

Il re delle formichimere: divinità o semplice mortale?

La nascita del re è già tremendamente essenziale, pregna di significato, vera e propria sintesi della sua essenza iniziale. La più forte delle formichimere uccide la madre durante il parto squarciandole il ventre. Il primo atto compiuto dal neonato sovrano è un concentrato d'odio e di violenza, di crudeltà e di prevaricazione.

Il re è un personaggio spietato e brutale, totalmente privo di umanità. Un antagonista dalla caratterizzazione iniziale volutamente stereotipata e incentrata sull'iperbolizzazione della figura del villain malvagio, ricco, però, di fascino per la sua meccanica risolutezza accompagnata da un'apparente invulnerabilità, uno strapotere feroce ma irresistibile.

Un mostro che possiede però motivazioni e scopi complessi e comprensibili: la creazione di una società virtuosa, un prolungamento della perfezione a cui aspira. Uno schema fin troppo utopistico destinato a rimanere irrealizzato, un modello il cui fallimento prefigura già le ragioni del profondo cambiamento del suo propugnatore. È già implicita l'impossibilità di un'ordine reale e assoluto in una società fatta di esseri non ontologicamente omologati (come le formiche) e, soprattutto, dominati dalle emozioni e dall'egoismo, dalle ambizioni individualistiche. La rappresentazione di una struttura, un corpo perfetto compromesso dalla tensione umanissima all'elevazione personale. Un destino che toccherà allo stesso antagonista.

La sua è, infatti, una caratterizzazione presto ampliata, estesa instillando nel personaggio il seme di un dissidio interiore legato alla sua doppia natura di formica e di umano. Un cambiamento lento ma viscerale, un'evoluzione che va avanti su due piani che finiscono per contrapporsi fino a decretare un unico vincitore, quello umano.

Se da un lato ci troviamo di fronte ad un soggetto dagli aneliti superomistici, quasi divini, impegnato costantemente nella propria crescita fisica e mentale, vorace di conoscenza, proiettato verso il miglioramento perpetuo, verso l'inconfutabile perfezione, dall'altro la sua deificazione, che dovrebbe portarlo all'indifferenza, al distacco, è minata dalla smania tutta umana di sentirsi un individuo.

Il re ha fame di sapere e sete di potere, senta la necessità di provare la sua superiorità schiacciante in ogni campo e occasione, ma nella sua ascesa fisico-mentale incappa in un imprevisto: qualcuno di estremamente umano continua a superarlo. Si tratta di Komugi, ragazza cieca sin dalla nascita, simbolo insieme della fallibilità e della vulnerabilità umana, variabile decisiva nel percorso ascetico del sovrano, ulteriore strumento e problema per l'incalzare del suo dilemma esistenziale.

Amleto secondo Yoshihiro Togashi

Il desiderio da parte del re di mostrare, ancora una volta, la propria superiorità la mantiene in vita, e l'incapacità di imporsi ne aumenta l'interesse e moltiplica il tempo passato insieme. Nella caparbietà, nell'ostinazione di continuare a tentare di battere Komugi nel gioco del Gungi (un gioco da tavolo strategico fittizio che replica i principi degli scacchi e del Go) si svela già la latente umanità del sovrano. Nel suo crescente coinvolgimento emotivo, nel suo fare protettivo nei confronti della ragazza si conferma il suo cambiamento.
Un cambiamento che si compie definitivamente quando il re viene a conoscenza del nome attribuitogli dalla Regina, Meruem.

Ed è così che, allora, Meruem scopre di essere un individuo, non una mera funzione, non un ruolo da ricoprire, e risolve il suo dubbio amletico: le formiche non hanno un nome. L'evoluzione è completa, e dopo lo scontro memorabile e fatale con Netero, Meruem si prepara a morire, ma non prima di essersi assicurato un posto tra le braccia di Komugi, non prima di aver appreso ad amare e a desiderare e a tenere alla vita attraverso l'amore, a provare tristezza per l'impossibilità di coltivarlo, in un'ultima volontà di un'umanità commovente che ci racconta un personaggio totalmente rinnovato.

Meruem viene al mondo definendosi e se ne va ridefinendosi. C'è tutto il terribile e imperturbabile re delle formichimere nel suo primo atto sulla "scena", c'è tutto l'individuo, l'umano Meruem nell'ultimo, dolce, gesto. Il villain di Hunter x Hunter è un antagonista dalle mille sfaccettature, un personaggio dalla psicologia contorta e complessa, con un arco di trasformazione da manuale, superbamente caratterizzato e degno di essere annoverato tra i migliori villain della storia degli shonen.