"Credo che le storie abbiano un ruolo importante da giocare nella formazione degli esseri umani, che possano stimolare, stupire ed ispirare coloro che le ascoltano. [...] Credo che la fantasia intesa come immaginazione sia molto importante. Non dovremmo restare troppo ancorati alla realtà di tutti i giorni, ma lasciare spazio alla realtà del cuore, della mente e dell'immaginazione. Sono cose che possono aiutarci nella vita".
Hayao Miyazaki pronunciava queste parole in occasione della prima proiezione de La Città Incantata in territorio europeo, durante una conferenza stampa tenutasi a Parigi al tramonto del 2001. Un messaggio che riassume l'impegno di una vita del talentuoso regista nipponico, un vero e proprio manifesto per ciò che lo Studio Ghibli ha realizzato in oltre trent'anni di attività nel campo dei lungometraggi animati. Un percorso in costante ascesa, che ha portato le produzioni di Miyazaki e Takahata a raggiungere un pubblico sempre più ampio, varcando i confini del Sol Levante per portare sontuose magie e toccanti suggestioni nei cinema e nelle case del mondo intero.
La Città Incantata: una porta socchiusa sullo Studio Ghibli
Se la consacrazione definitiva dello studio d'animazione giapponese è avvenuta in patria con lo straordinario successo di Kiki: Consegne a Domicilio ed il successivo debutto trionfale di Principessa Mononoke, La Città Incantata ha invece segnato un punto di svolta per l'affermazione dello Studio Ghibli nel panorama internazionale dell'animazione. A fronte di un processo produttivo durato circa tre anni ed un investimento quantificabile in 19 milioni di dollari, la pellicola registrava incassi superiori ai 200 milioni ancor prima di aver debuttato in Europa e Stati Uniti.

Un successo di pubblico destinato ad andare di pari passo con un'entusiastica accoglienza da parte della critica cinematografica. Nel 2002, La Città Incantata veniva premiato con l'Orso d'Oro al Festival di Berlino, diventando il primo film d'animazione ad essere insignito della prestigiosa onorificenza. Nel 2003, la pellicola conquistava inoltre il Premio Oscar come Miglior Film d'Animazione.
Quest'ondata di successo divenne il vento in grado di veicolare il nome dello Studio Ghibli nelle case del grande pubblico occidentale. Il lungometraggio diretto da Miyazaki divenne di fatto una porta tramite la quale milioni di spettatori poterono posare un primo passo all'interno del giardino di magia e fascino della cinematografica Ghibli. Ma qual è stata la ricetta che ha elevato La Città Incantata a vero e proprio manifesto nel campo dell'animazione mondiale?
Una fiaba al femminile
La volontà di creare questa pellicola si è fatta largo nella mente di Miyazaki quando quest'ultimo ha constatato che il mercato dell'intrattenimento di qualità dell'epoca non sembrava prendere in considerazione il pubblico delle giovanissime. Amici di famiglia del regista avevano figlie dell'età di 10 anni circa: riflettendo su quali potessero essere i loro sogni e speranze per il futuro, l'autore ha progressivamente sviluppato la volontà di dar vita su schermo ad una favola che avesse nelle ragazzine il proprio target principale, "[...] qualcosa al quale potessero pensare e fare riferimento quando immaginano il loro futuro ed i loro rapporti con la società".

Nasceva così la figura di Chihiro, una bambina di dieci anni come tante, che all'improvviso si ritrova ad essere protagonista di un'avventura che ne metterà alla prova la capacità di fare affidamento su se stessa. La pellicola si apre con la ragazza seduta nel retro dell'auto di famiglia, scontenta ed imbronciata perché costretta ad abbandonare gli amici a causa di un trasloco. Dirigendosi verso la nuova casa, il padre smarrisce la strada e si ritrova ad attraversare un isolato sentiero boscoso, al termine del quale si erge un'enorme muraglia rossa, attraversata da un tunnel.
Incuriosito, sprona moglie e figlia ad avventurarsi in una gita fuori programma per scoprire cosa si celi dall'altro lato. Si scopre così che il breve percorso conduce ad una radura popolata di strani edifici: un paesaggio che viene scambiato dai genitori per un Luna Park in stato di abbandono, ma che genera in Chihiro una profonda inquietudine. Tuttavia, a nulla varranno le sue richieste di andarsene. Al contrario, avvistata una misteriosa serie di chioschi privi di gestori ma ospitanti prelibate pietanze, i due adulti non resisteranno alla tentazione di assaggiarne la cucina.
Incapace di distoglierli da una golosità tramutatasi improvvisamente in ingordigia, Chihiro si avventura alla scoperta dell'area, ma viene improvvisamente fermata da un ragazzo, Haku, che sembra conoscerla e che l'avverte di abbandonare l'area prima che cali la notte. Un'impresa che all'improvviso è una corsa contro il tempo: le tenebre si fanno improvvisamente vicine, mentre gli edifici si animano di ombre senza nome, illuminate dal progressivo destarsi di una città dapprima dormiente.
Raggiunti i genitori, la ragazzina scopre che a causa della loro ingordigia e di una funesta maledizione si sono trasformati in maiali: la notte è ormai giunta e la fuga è fallita. Chihiro è ora imprigionata in un mondo folle e suggestivo, affascinante e terribile, incredibilmente quotidiano e al contempo surreale.

L'intera città è infatti in realtà una gigantesca stazione termale frequentata da divinità, che giungono qui per riprendersi dalla propria dura occupazione. A gestire l'area troviamo Yubaba, una strega dagli enormi poteri, ma vincolata ad accettare sotto il suo tetto chiunque si dimostri volenteroso di lavorare. Su consiglio di Haku, Chihiro si farà dunque forza e riuscirà a farsi accettare come dipendente: un espediente per sopravvivere e cercare, nel frattempo, una via per uscire dalla folle situazione.
Un mondo di possibilità
Da questo incipit prenderà il via un'epopea sontuosa, in cui ogni inquadratura emana magnificenza, in un tripudio di colori, dettagli e personaggi divenuti istantaneamente iconici. La stazione termale è un labirinto di livelli, sezioni e sale, la cui attività è strettamente regolamentata da una precisa serie di direttive inderogabili. Chihiro fa comunque del suo meglio per adattarsi e progressivamente, al susseguirsi di ogni nuova piccola grande sfida, la ragazzina acquisisce fiducia nei propri mezzi ed inizia a ritagliarsi un proprio posto nella città incantata.
Miyazaki riesce qui a creare un amalgama perfetto tra l'elemento magico e l'ordinarietà della vita lavorativa, tra comicità ed avventura, tra fasi concitate e momenti di assoluta quiete, trascinando lo spettatore in un viaggio che si prolunga per 122 minuti durante i quali lo straordinario mondo dipinto dallo Studio Ghibli non cessa d'incantare neppure per un attimo.
Nel mondo de La Città Incantata nulla è ciò che sembra ed il mondo che circonda Chihiro è un coacervo di continui mutamenti ed opportunità, dove fermarsi all'apparenza può rappresentare un gravissimo errore. Una creatura melmosa a cui solo Chihiro accetta di preparare un bagno si rivela essere la potente divinità di un fiume, il cui corso d'acqua è stato tuttavia corrotto dall'inquinamento. Una divinità errante e "Senza Volto", apparentemente spietata e malevola, è in realtà solo alla disperata ricerca del modo per compiacere chi le sta intorno, nel tentativo di colmare un enorme vuoto interiore. L'unica via che conosce per ingraziarsi gli altri, tuttavia, è offrire loro l'effimera gioia di oro destinato a trasformarsi presto in grigia polvere.
Haku, il misterioso ragazzino che assiste la protagonista, è invece in grado di mutare forma e diventare un flessuoso drago bianco, ma nemmeno quest'ultima, in un continuo gioco di specchi, si rivelerà essere la sua reale essenza.

Persino Yubaba non è solo una perfida ed avida strega, ma anche una madre iperprotettiva ed una manager sfinita e frustrata dalle incombenze della gestione del centro termale. Non a caso, Miyazaki dona a questa figura un perfetto contraltare: una sorella gemella in grado di mostrare compassione ed altruismo, che accetta di aiutare Chihiro in un momento di grande difficoltà. Oltre a consigli e sostegno, l'anziana donna offrirà alla giovane anche un piccolo dono: un luminoso elastico per capelli, realizzato rigorosamente a mano perché se fosse "semplicemente" composto con l'uso della magia "allora non varrebbe nulla".
In definitiva, ne La Città Incantata il regista nipponico mette in scena un universo in cui tutto è più di ciò che appare, in cui distinguere tra l'essenza delle cose e la loro più apparente manifestazione è una lezione fondamentale per avviarsi verso un percorso di maturazione personale. Anche per questa ragione, la prova finale a cui sarà sottoposta Chihiro prima di poter fare ritorno a casa sarà proprio il riuscire a riconoscere i propri genitori da altri maiali, in un ultimo insidioso tranello propostole da Yubaba.