La vita privata e lavorativa di Goro Miyazaki non è stata molto semplice, a causa del difficile rapporto con il padre quasi sempre assente per questioni lavorative, e in seguito al successo di Nausicaa della Valle del Vento a causa della pressione di essere additato come "figlio di Miyazaki". Non poca era la preoccupazione di Goro di poter essere considerato come colui che avrebbe potuto prendere le redini della Ghibli, e per questo motivo ha voluto dimostrare di poter dirigere un film: nel 2006 Goro Miyazaki si cimenta ne I racconti di Terramare. I giudizi sono stati alquanto contrastanti, dividendo persino i giornalisti: alcuni esperti del settore lo hanno apprezzato per la sua elevata qualità tecnica, che rispecchia gli insegnamenti di Hayao Miyazaki; altri lo hanno criticato per avere una narrazione lenta e non in armonia con gli immaginari della Ghibli; il pubblico giapponese, invece, lo ha applaudito, tanto che I racconti di Terramare ha dominato le classifiche nipponiche per ben cinque settimane.
Eppure, siamo del parere che il regista non desse peso né alla critica, né ai pareri del pubblico, ma volesse far notare le sue capacità al padre. La reazione del fondatore dello Studio Ghibli riguardo I racconti di Terramare è stata negativa: durante l'anteprima ha lasciato la sala dopo un'ora di proiezione, avendo notato quanto fortemente la pellicola fosse influenzata dal rapporto padre-figlio. Al termine del lungometraggio, Hayao Miyazaki affermò che il figlio non era ancora un adulto, e gli lasciò un messaggio in cui gli disse di aver fatto un buon lavoro. Tuttavia, realizzare un buon primo film è alla stregua di un insulto. Goro Miyazaki, però, non si è arreso. Ha fatto tesoro delle critiche del padre, è riuscito a raddrizzare il tiro, e ha realizzato un nuova pellicola più coesa, migliore, e per certi aspetti più intima e matura: La collina dei papaveri.
Tra storia e amore
Dopo aver sondato il terreno del genere fantasy, con La collina dei papaveri Goro Miyazaki ha fatto un passo indietro per un racconto differente, che fosse più emozionante, e che riuscisse a conquistare il cuore degli spettatori.
Nel 1963 il Giappone stava vivendo un periodo di ripresa dopo la fine della Guerra di Corea (conclusasi nel 1953), ed era ad un anno dall'inizio dei Giochi Olimpici del 1964, che si sarebbero tenuti a Tokyo, i primi in Asia. Un'epoca cruciale per la nazione, che cercava di avere una nuova immagine, anche dopo gli eventi della seconda guerra mondiale; per questo motivo il Paese si stava preparando al meglio per ospitare gli Stati di tutto il mondo. In questo particolare clima di cambiamenti prende luogo La collina dei papaveri. La protagonista è Umi Matsuzaki, la quale vive a casa della nonna, in una villa in cima ad una collina, insieme alla sorella e al fratello, dopo essere rimasti orfani di padre a causa della Guerra di Corea. Ogni mattina Umi, dopo essersi svegliata, issa due bandiere di segnaletica, per lasciare un messaggio di buon augurio ai marinai che le vedono: un'abitudine presa da bambina, per indicare la retta via al padre che si era imbarcato per andare in guerra. Dopo la sua quotidiana routine, la ragazza prepara la colazione per gli ospiti della casa: l'abitazione, infatti, è adibita ad ostello, per volere della nonna, dove riposano altre donne; non è ben chiaro chi siano, ma allargano la "famiglia" nella casa sulla collina.
Umi, vista l'età, oltre a prendersi cura degli ospiti, è anche una studentessa, e proprio a scuola la sua vita è destinata a prendere una svolta. Un giorno iniziato come tanti, Umi assiste ad una protesta studentesca, e vede Shun Kazama tuffarsi dal tetto di una costruzione diroccata in una piccola vasca piena d'acqua; la ragazza, preoccupata per la salute del giovane lo soccorre, e tra i due scatta immediatamente una piccola scintilla che è destinata a divampare poco alla volta.
Il giorno seguente, sotto pressione della sorella, Umi visita la struttura antica: il Quartier Latin, adibito a sede di numerosi club studenteschi. L'interno è sporco e confusionario, con club sparsi in ogni angolo della vecchia costruzione, e se non si è esperti è facile perdersi. Non con poche difficoltà le sorelle raggiungono la sede del giornale scolastico, e qui Umi ha un secondo incontro con Shun.
La protagonista, sempre più affascinata dal ragazzo, inizia ad interessarsi ai suoi ideali, e a prendere parte alla protesta per evitare che il Quartier Latin, un palazzo storico risalente alla fine del Periodo Meiji (1912), venga abbattuto per una riedificazione.
Eppure, quando Shun e Umi sembrano essere sempre più vicini, vengono messi dinanzi ad una rivelazione che cambierà per sempre gli equilibri della loro relazione, al punto da avere un rapporto più freddo e distaccato, e dell'intera narrazione. Nonostante un primo allontanamento, i due continueranno a lottare per le sorti della sede dei club studenteschi. Sebbene il colpo di scena sia funzionale, la sceneggiatura, in più momenti inciampa, nelle battute conclusive accelera, e non riesce a regalare un finale soddisfacente.
Una produzione travagliata
Nonostante le critiche su I racconti di Terramare, Goro Miyazaki non ha voluto abbandonare il sogno di diventare regista, e subito dopo la proiezione del suo primo lungometraggio, aveva già messo in moto gli ingranaggi della sua immaginazione per realizzare una nuova opera.
L'occasione arriva alcuni anni dopo, quando Hayao Miyazaki, al netto del suo dissenso sul desiderio del figlio di realizzare un film, gli offre una sceneggiatura preliminare di quello che sarebbe stato La collina dei papaveri. Analizzando la trama, è possibile comprendere come Goro Miyazaki questa volta abbia messo da parte i suoi sentimenti sul difficile rapporto con il padre (messi in evidenza nel primo film), per puntare su un racconto che mostri uno spaccato della società giapponese degli anni ‘60: tra finzione e realtà, La collina dei papaveri presenta una nazione ed un popolo che lentamente stanno cambiando, e che stanno cercando di riprendersi e di aprirsi al resto del mondo dopo due guerre; inoltre, inizia a diventare sempre più emergente un partito politico "giovanile", parte della voce del popolo, che da lì a qualche anno avrebbe scosso l'intero mondo, rappresentato nel film dal movimento studentesco che vuole impedire la demolizione del Quartier Latin. Sebbene siano percepibili questi elementi storici, non sono a tutti gli effetti il perno della narrazione, costituendo solo un semplice sfondo su cui si svolgono gli eventi.
La produzione del secondo lungometraggio di Goro Miyazaki è stata complessa, forse pure più di quella de I racconti di Terramare. Sul regista, nuovamente, gravava il difficile rapporto con il padre e l'opprimente ombra di essere associato a lui.
Quando supervisionava i lavori in corso, Hayao Miyazaki era sempre distante da suo figlio, perché non voleva creare un team padre-figlio, e non approvava i disegni che aveva sotto gli occhi: considerava il character design privo di vita ed i personaggi non trasmettevano alcuna emozione a chi li guardava, e questo non faceva altro che avvalorare la sua tesi che il suo "erede" non fosse ancora pronto a ricoprire il ruolo di regista.
Dal canto suo, Goro Miyazaki, per evitare che il padre potesse interferire ulteriormente e potesse apportare modifiche, nascondeva gli storyboard. La situazione già precaria peggiorò quando Goro presentò i bozzetti a Toshio Suzuki, storico produttore della Ghibli: sebbene Suzuki abbia sempre ammirato l'immaginazione di Goro, dopo aver visionato come sarebbe stato il film, notò che la protagonista era priva di vigore e di carisma, e non avrebbe mai potuto distribuire una pellicola che non riuscisse ad incantare il pubblico.
Hayao Miyazaki prese in pugno la situazione e disegnò una nuova bozza, in cui Umi attraversava un ponte con passo spedito: la protagonista aveva finalmente preso vita. Seguendo i consigli del padre, Goro ha apportato le modifiche necessarie per rendere i suoi personaggi più umani, facendo compiere loro gesti apparentemente insignificanti, ma che li rendessero realistici: lo spettatore poteva legare più facilmente con i protagonisti e con i vari ruoli secondari. Notando la nuova linfa vitale del progetto, Toshio Suzuki decise che nel settembre del 2010 avrebbe potuto dare il via ai piani di animazione, per poi distribuire La collina dei papaveri nei cinema l'anno successivo. A discapito dei rallentamenti lavorativi dovuti al blackout causato dal terremoto e maremoto del Tohoku (nel 2011), che ha costretto gli animatori a lavorare di notte, La collina dei papaveri riesce a vedere la luce nel luglio del 2011. Sin da subito il secondo film di Goro Miyazaki è stato ben accolto dalla critica, questa volta non divisa, anche se ha mosso pareri negativi sulla sceneggiatura, considerandola a tratti scontata.
Sebbene la pellicola non sfoggi il comparto artistico certosino de I racconti di Terramare, risulta essere comunque ben realizzata sul lato tecnico, distaccandosi dallo stile "classico" dello Studio Ghibli; la fedele rappresentazione storica permette di fare un bel tuffo nel passato, al punto da poter respirare l'atmosfera del Giappone degli anni ‘60, grazie anche ad una colonna sonora studiata sin nei minimi particolari, che sembra provenire direttamente dal periodo storico in cui si svolgono gli eventi.
La collina dei papaveri segna per Goro Miyazaki una maturazione artistica come regista, che lo ha portato ad avvicinarsi di più al padre. Questi non ha potuto fare a meno di notare e di apprezzare il cambiamento, e alla fine della proiezione dell'anteprima a porte chiuse lo ha spronato a non demoralizzarsi e a non arrendersi, dicendogli: "Va' avanti...spaventami."
La collina dei papaveri: storia del secondo lungometraggio di Goro Miyazaki
Dopo I racconti di Terramare, Goro Miyazaki torna nuovamente dietro la macchina da presa con La collina dei papaveri.
La vita privata e lavorativa di Goro Miyazaki non è stata molto semplice, a causa del difficile rapporto con il padre quasi sempre assente per questioni lavorative, e in seguito al successo di Nausicaa della Valle del Vento a causa della pressione di essere additato come "figlio di Miyazaki". Non poca era la preoccupazione di Goro di poter essere considerato come colui che avrebbe potuto prendere le redini della Ghibli, e per questo motivo ha voluto dimostrare di poter dirigere un film: nel 2006 Goro Miyazaki si cimenta ne I racconti di Terramare. I giudizi sono stati alquanto contrastanti, dividendo persino i giornalisti: alcuni esperti del settore lo hanno apprezzato per la sua elevata qualità tecnica, che rispecchia gli insegnamenti di Hayao Miyazaki; altri lo hanno criticato per avere una narrazione lenta e non in armonia con gli immaginari della Ghibli; il pubblico giapponese, invece, lo ha applaudito, tanto che I racconti di Terramare ha dominato le classifiche nipponiche per ben cinque settimane.
Eppure, siamo del parere che il regista non desse peso né alla critica, né ai pareri del pubblico, ma volesse far notare le sue capacità al padre. La reazione del fondatore dello Studio Ghibli riguardo I racconti di Terramare è stata negativa: durante l'anteprima ha lasciato la sala dopo un'ora di proiezione, avendo notato quanto fortemente la pellicola fosse influenzata dal rapporto padre-figlio. Al termine del lungometraggio, Hayao Miyazaki affermò che il figlio non era ancora un adulto, e gli lasciò un messaggio in cui gli disse di aver fatto un buon lavoro. Tuttavia, realizzare un buon primo film è alla stregua di un insulto. Goro Miyazaki, però, non si è arreso. Ha fatto tesoro delle critiche del padre, è riuscito a raddrizzare il tiro, e ha realizzato un nuova pellicola più coesa, migliore, e per certi aspetti più intima e matura: La collina dei papaveri.
Tra storia e amore
Dopo aver sondato il terreno del genere fantasy, con La collina dei papaveri Goro Miyazaki ha fatto un passo indietro per un racconto differente, che fosse più emozionante, e che riuscisse a conquistare il cuore degli spettatori.
Nel 1963 il Giappone stava vivendo un periodo di ripresa dopo la fine della Guerra di Corea (conclusasi nel 1953), ed era ad un anno dall'inizio dei Giochi Olimpici del 1964, che si sarebbero tenuti a Tokyo, i primi in Asia. Un'epoca cruciale per la nazione, che cercava di avere una nuova immagine, anche dopo gli eventi della seconda guerra mondiale; per questo motivo il Paese si stava preparando al meglio per ospitare gli Stati di tutto il mondo.
In questo particolare clima di cambiamenti prende luogo La collina dei papaveri. La protagonista è Umi Matsuzaki, la quale vive a casa della nonna, in una villa in cima ad una collina, insieme alla sorella e al fratello, dopo essere rimasti orfani di padre a causa della Guerra di Corea. Ogni mattina Umi, dopo essersi svegliata, issa due bandiere di segnaletica, per lasciare un messaggio di buon augurio ai marinai che le vedono: un'abitudine presa da bambina, per indicare la retta via al padre che si era imbarcato per andare in guerra. Dopo la sua quotidiana routine, la ragazza prepara la colazione per gli ospiti della casa: l'abitazione, infatti, è adibita ad ostello, per volere della nonna, dove riposano altre donne; non è ben chiaro chi siano, ma allargano la "famiglia" nella casa sulla collina.
Umi, vista l'età, oltre a prendersi cura degli ospiti, è anche una studentessa, e proprio a scuola la sua vita è destinata a prendere una svolta. Un giorno iniziato come tanti, Umi assiste ad una protesta studentesca, e vede Shun Kazama tuffarsi dal tetto di una costruzione diroccata in una piccola vasca piena d'acqua; la ragazza, preoccupata per la salute del giovane lo soccorre, e tra i due scatta immediatamente una piccola scintilla che è destinata a divampare poco alla volta.
Il giorno seguente, sotto pressione della sorella, Umi visita la struttura antica: il Quartier Latin, adibito a sede di numerosi club studenteschi. L'interno è sporco e confusionario, con club sparsi in ogni angolo della vecchia costruzione, e se non si è esperti è facile perdersi. Non con poche difficoltà le sorelle raggiungono la sede del giornale scolastico, e qui Umi ha un secondo incontro con Shun.
La protagonista, sempre più affascinata dal ragazzo, inizia ad interessarsi ai suoi ideali, e a prendere parte alla protesta per evitare che il Quartier Latin, un palazzo storico risalente alla fine del Periodo Meiji (1912), venga abbattuto per una riedificazione.
Eppure, quando Shun e Umi sembrano essere sempre più vicini, vengono messi dinanzi ad una rivelazione che cambierà per sempre gli equilibri della loro relazione, al punto da avere un rapporto più freddo e distaccato, e dell'intera narrazione. Nonostante un primo allontanamento, i due continueranno a lottare per le sorti della sede dei club studenteschi. Sebbene il colpo di scena sia funzionale, la sceneggiatura, in più momenti inciampa, nelle battute conclusive accelera, e non riesce a regalare un finale soddisfacente.
Una produzione travagliata
Nonostante le critiche su I racconti di Terramare, Goro Miyazaki non ha voluto abbandonare il sogno di diventare regista, e subito dopo la proiezione del suo primo lungometraggio, aveva già messo in moto gli ingranaggi della sua immaginazione per realizzare una nuova opera.
L'occasione arriva alcuni anni dopo, quando Hayao Miyazaki, al netto del suo dissenso sul desiderio del figlio di realizzare un film, gli offre una sceneggiatura preliminare di quello che sarebbe stato La collina dei papaveri. Analizzando la trama, è possibile comprendere come Goro Miyazaki questa volta abbia messo da parte i suoi sentimenti sul difficile rapporto con il padre (messi in evidenza nel primo film), per puntare su un racconto che mostri uno spaccato della società giapponese degli anni ‘60: tra finzione e realtà, La collina dei papaveri presenta una nazione ed un popolo che lentamente stanno cambiando, e che stanno cercando di riprendersi e di aprirsi al resto del mondo dopo due guerre; inoltre, inizia a diventare sempre più emergente un partito politico "giovanile", parte della voce del popolo, che da lì a qualche anno avrebbe scosso l'intero mondo, rappresentato nel film dal movimento studentesco che vuole impedire la demolizione del Quartier Latin. Sebbene siano percepibili questi elementi storici, non sono a tutti gli effetti il perno della narrazione, costituendo solo un semplice sfondo su cui si svolgono gli eventi.
La produzione del secondo lungometraggio di Goro Miyazaki è stata complessa, forse pure più di quella de I racconti di Terramare. Sul regista, nuovamente, gravava il difficile rapporto con il padre e l'opprimente ombra di essere associato a lui.
Quando supervisionava i lavori in corso, Hayao Miyazaki era sempre distante da suo figlio, perché non voleva creare un team padre-figlio, e non approvava i disegni che aveva sotto gli occhi: considerava il character design privo di vita ed i personaggi non trasmettevano alcuna emozione a chi li guardava, e questo non faceva altro che avvalorare la sua tesi che il suo "erede" non fosse ancora pronto a ricoprire il ruolo di regista.
Dal canto suo, Goro Miyazaki, per evitare che il padre potesse interferire ulteriormente e potesse apportare modifiche, nascondeva gli storyboard. La situazione già precaria peggiorò quando Goro presentò i bozzetti a Toshio Suzuki, storico produttore della Ghibli: sebbene Suzuki abbia sempre ammirato l'immaginazione di Goro, dopo aver visionato come sarebbe stato il film, notò che la protagonista era priva di vigore e di carisma, e non avrebbe mai potuto distribuire una pellicola che non riuscisse ad incantare il pubblico.
Hayao Miyazaki prese in pugno la situazione e disegnò una nuova bozza, in cui Umi attraversava un ponte con passo spedito: la protagonista aveva finalmente preso vita. Seguendo i consigli del padre, Goro ha apportato le modifiche necessarie per rendere i suoi personaggi più umani, facendo compiere loro gesti apparentemente insignificanti, ma che li rendessero realistici: lo spettatore poteva legare più facilmente con i protagonisti e con i vari ruoli secondari. Notando la nuova linfa vitale del progetto, Toshio Suzuki decise che nel settembre del 2010 avrebbe potuto dare il via ai piani di animazione, per poi distribuire La collina dei papaveri nei cinema l'anno successivo.
A discapito dei rallentamenti lavorativi dovuti al blackout causato dal terremoto e maremoto del Tohoku (nel 2011), che ha costretto gli animatori a lavorare di notte, La collina dei papaveri riesce a vedere la luce nel luglio del 2011. Sin da subito il secondo film di Goro Miyazaki è stato ben accolto dalla critica, questa volta non divisa, anche se ha mosso pareri negativi sulla sceneggiatura, considerandola a tratti scontata.
Sebbene la pellicola non sfoggi il comparto artistico certosino de I racconti di Terramare, risulta essere comunque ben realizzata sul lato tecnico, distaccandosi dallo stile "classico" dello Studio Ghibli; la fedele rappresentazione storica permette di fare un bel tuffo nel passato, al punto da poter respirare l'atmosfera del Giappone degli anni ‘60, grazie anche ad una colonna sonora studiata sin nei minimi particolari, che sembra provenire direttamente dal periodo storico in cui si svolgono gli eventi.
La collina dei papaveri segna per Goro Miyazaki una maturazione artistica come regista, che lo ha portato ad avvicinarsi di più al padre. Questi non ha potuto fare a meno di notare e di apprezzare il cambiamento, e alla fine della proiezione dell'anteprima a porte chiuse lo ha spronato a non demoralizzarsi e a non arrendersi, dicendogli: "Va' avanti...spaventami."