La ricompensa del gatto: genesi dello spin-off targato Studio Ghibli

Scopriamo le origini de La ricompensa del gatto: dal progetto Cat Project, fino ad arrivare al film che tutti conosciamo.

La ricompensa del gatto: genesi dello spin-off targato Studio Ghibli
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Non è possibile comprendere il background produttivo de La ricompensa del gatto senza conoscere le figure di Humbert von Gikkingen e Muta, la cui prima e fugace apparizione avviene ne I sospiri del mio cuore, del compianto Yoshifumi Kondo. I due film sono infatti strettamente legati tra loro, senza però influenzarsi a vicenda: La ricompensa del gatto può essere considerato come uno spin-off o sequel spirituale del film di Kondo.

I sospiri del mio cuore, tratto dal manga di Aoi Hiiragi (pubblicato in Italia con il titolo Sussurri del cuore, da Edizioni Star Comics), segna una svolta importante per lo Studio Ghibli, in quanto è la prima pellicola a non essere diretta da Takahata o Miyazaki (quest'ultimo figura come sceneggiatore), e ad essere stata distribuita al cinema. La stessa sorte è toccata nel 2002 a La ricompensa del gatto, diretto da Hiroyuki Morita e prodotto da Miyazaki. Cerchiamo, però, di scoprire più nel dettaglio come è nato il sequel spirituale, approfondendo i due film e ciò che hanno in comune.

Take me home

La protagonista de I sospiri del mio cuore è Shizuku Tsukishima, una studentessa delle medie amante dei romanzi e della letteratura, che un giorno rimane incuriosita dal misterioso Seiji Amasawa, quando scopre che prende in prestito i suoi stessi libri. Nel tempo libero, Shizuku si dedica alla scrittura e all'adattamento in giapponese di Take me home, country roads, da cantare alla cerimonia di congedo della scuola.

La canzone di John Denver, oltre a costituire parte della soundtrack della pellicola, rappresenta per certi aspetti il fattore chiave degli eventi: proprio grazie ad una versione modificata e parodistica incontra un ragazzo dal carattere un po' scorbutico ed antipatico, che inevitabilmente diventerà una parte importante della sua vita.

Un giorno, Shizuku, diretta alla biblioteca dove lavora il padre, s'imbatte in un gatto in sovrappeso, ed incuriosita lo insegue per tutta la città, fino ad arrivare in un quartiere tanto affascinante da essere difficile credere che si trovi nella stessa città. Qui entra in un negozio di antiquariato, e viene subito attratta da una piccola statua di un elegante e nobile gatto in frac, con un bastone da passeggio, ed un cilindro nell'altra mano.

Non vogliamo dilungarci ulteriormente nella trama, però possiamo dirvi che dopo la visita al negozio la vita di Shizuku cambia, ed inizia ad instaurare un forte legame con il ragazzo scorbutico, che si rivelerà essere il misterioso Seiji Amasawa.

Nel corso della pellicola fanno la loro prima apparizione Muta, il felino in sovrappeso, ed il Barone Humbert von Gikkingen: due dei protagonisti dello spin-off successivo. Nel lungometraggio di Kondo, Muta è una semplice comparsa, poco influente ai fini narrativi, ma che per certi aspetti funge da guida della protagonista per quello che potremmo definire il suo futuro; Barone è ben più centralizzato, in quanto rappresenta la concretizzazione del futuro (con i suoi alti e bassi) della ragazza e personificazione di un amore perduto, che spera di ritrovare.

Verso le battute finali del film, Shizuku, per esternare i suoi sentimenti per ciò che ha vissuto e sta ancora provando, decide di scrivere un romanzo con protagonista proprio Barone, la statua a lei tanto cara, in quanto contenitore di meravigliosi ed indimenticabili ricordi. Proprio da questo spunto prende vita La ricompensa del gatto.

Nel corso della visione ci vengono forniti alcuni dettagli su quella che potrebbe essere la trama del romanzo di Shizuku, e possiamo dire con certezza che non è ciò che ci viene mostrato nel film successivo; ma ci piace pensare che La ricompensa del gatto possa essere il secondo libro scritto da Shizuku con più cura e dedizione, ispirato a nuove e vecchie esperienze.

Pensieri e desideri

Chiunque conosca la cultura e la tradizione giapponese, anche solo le basi, sa quanto siano venerati e rispettati i gatti, in quanto simboli di prosperità e di fortuna. Non è un caso che in Giappone siano presenti parchi a tema, ed è proprio uno di questi ad aver contribuito alla nascita de La ricompensa del gatto.

La produzione de La ricompensa del gatto è iniziata nel 1999 ed è stata alquanto travagliata ed avvolta da una storia singolare. Come abbiamo detto, nel film originale Barone prende vita solo per pochi minuti, ma sono sufficienti a conquistare il cuore degli spettatori, per il suo carisma e la sua raffinatezza, tanto da desiderare una trasposizione su ciò che potrebbe aver scritto Shizuku o quanto meno sul felino.

Prima che i fan potessero vedere la versione completa, Hayao Miyazaki stava lavorando ad un misterioso progetto soprannominato Cat Project. In quel periodo, lo Studio Ghibli ed il regista vennero infatti ingaggiati dai fondatori di un parco di divertimenti a tema felino (probabilmente rimasti incantati dal personaggio di Barone) per realizzare un cortometraggio della durata massima di circa 20 minuti, con protagonisti dei gatti.

Per rendere più omogeneo il progetto, venne chiesto alla mangaka Aoi Hiiragi di realizzare parallelamente un fumetto incentrato sul gatto dal portamento nobiliare. Sebbene Miyazaki non avesse ancora ben in mente lo script definitivo, sapeva che avrebbe voluto focalizzarsi su tre elementi chiave, che avrebbero costituito il perno del racconto: Barone, Muta, ed un misterioso negozio d'antiquariato, che sarebbe poi diventato l'Ufficio del Gatto. Purtroppo, con il passare degli anni, il parco ha messo da parte il progetto, ma l'autrice aveva quasi ultimato il manga, ed il regista non era pronto ad abbandonare un'idea così promettente.

Ha deciso quindi di dilatare la durata complessiva a circa 45 minuti e di utilizzare il materiale scartato per testare le capacità dei futuri creatori di sogni dello Studio Ghibli. Infatti la lavorazione della pellicola è iniziata in un periodo in cui l'azienda era alla ricerca di nuovi e talentuosi registi che potessero portare avanti gli insegnamenti e gli immaginari creati fino ad allora. Proprio per questo motivo, Miyazaki ha voluto affidare il progetto a Hiroyuki Morita, un animatore interno che fino ad allora aveva collaborato alla produzione di titoli come Kiki - Consegne a domicilio ed I miei vicini Yamada.

Morita, nell'arco di nove mesi, è riuscito a realizzare un lungo storyboard prendendo come spunto il manga scritto da Hiiragi. Miyazaki ed il suo storico produttore Toshio Suzuki hanno visto un grande potenziale sia nell'opera, sia nel giovane regista, ed hanno voluto che diventasse a tutti gli effetti un film d'animazione della durata di 75 minuti.

Benché il progetto non abbia molti collegamenti con I sospiri del mio cuore, ne condivide alcuni elementi e momenti chiave che forse passano in secondo piano: Haru, la protagonista, segue il misterioso gatto Muta per le vie della città, fino ad arrivare in un quartiere dall'architettura europea ottocentesca, con abitazioni troppo piccole per degli esseri umani.

In una di queste, vi è un negozio di antiquariato, con una statua di un gatto dall'aspetto nobiliarie visibile alla finestra: questo è l'Ufficio del Gatto. Al tramonto la statua prende vita e si rivela essere Barone.

Haru, seguendo il consiglio di una misteriosa voce, ha raggiunto il quartiere per sbrogliarsi da una situazione ostica: dopo aver salvato la vita ad un insolito gatto, che trasportava un piccolo regalo in bocca, scopre che è in realtà Lune, il principe del Paese dei Gatti. Il Re dei Gatti ora vuole che la ragazza sposi il figlio come segno di ringraziamento. Gli unici che possono aiutarla sono proprio Barone, Muta, ed il gargoyle-corvo Toto, che prende vita anche lui al calar delle tenebre.

Soffermandosi sulla trama è possibile notare delle differenze stilistiche con il film originario: I sospiri del mio cuore è una storia d'amore semplice, lineare, che analizza l'evoluzione del rapporto tra i due protagonisti, con esigui elementi fantasy, circoscritti solo ai viaggi onirici di Shizuku.

La ricompensa del gatto, invece, è un racconto fantastico: vediamo la nostra eroina interagire con animali parlanti e visitare un regno immaginario. In entrambe le produzioni, ritornano alcuni elementi tipici dello studio, come protagoniste forti e determinate, in situazioni diverse, che non vogliono arrendersi facilmente, sia davanti ad un sovrano tirannico ed esigente, sia davanti ad una lunga e dolorosa separazione.

Purtroppo, nonostante le buone idee iniziali, sono vari i fattori dell'insuccesso: uno dei più gravosi è forse la distribuzione avvenuta un anno dopo l'acclamato La città incantata. Se da un lato il pubblico giapponese desiderava vivere una nuova esperienza targata Ghibli, dall'altro, gli spettatori di tutto il mondo erano forse più esigenti e volevano un titolo che potesse eguagliare, se non addirittura superare, il vincitore del Premio Oscar.

Sebbene la produzione del film di Morita fosse iniziata ben prima di quella de La città incantata, è innegabile come parte dell'insuccesso, almeno in Occidente, sia dovuto alle tematiche affrontate, allo stile artistico, e ad una regia non più affidata ai "fedeli" Miyazaki e Takahata: fattori che con il passare degli anni hanno messo in sordina La ricompensa del gatto.

Il comparto artistico della pellicola si distacca dal tratto tipico di numerose produzioni della Ghibli: è meno arrotondato, elegante e curato rispetto ai disegni classici dello studio; in parte questa scelta potrebbe essere dovuta alle origini da cortometraggio, in cui in genere i costi di produzione non sono molto elevati; in parte anche al desiderio di Morita di rendere più personale il film, utilizzando uno stile che lo rispecchiasse.

Sicuramente, ad influire negativamente sul successo del racconto di Barone è l'assenza di tematiche mature: Kondo era riuscito a trattare la solitudine, legata in qualche modo alle sofferenze amorose, anche se circoscritto alle battute finali. La ricompensa del gatto, invece, è privo di una morale di fondo che possa far riflettere lo spettatore, risultando una pellicola molto semplicistica e di poco impatto. Su questo fronte, con rammarico, possiamo considerare il lungometraggio come uno dei meno riusciti dello studio d'animazione.