Era il 2014 quando My Hero Academia debuttava sulle pagine di Weekly Shonen Jump. L'opera, firmata da Kohei Horikoshi, si preparava a raccogliere l'eredità di veri e proprio colosso dell'intrattenimento nipponico e del genere battle shonen: su tutti, Dragon Ball e ONE PIECE, ma in particolar modo Naruto. Fu proprio del manga di Masashi Kishimoto, nonostante la nascita di lì a poco di Boruto: Naruto Next Generations, di cui My Hero Academia fu considerato un erede soprattutto spirituale. Il sensei Horikoshi sembra aver fatto suo questo mantra, in particolar modo alle origini del suo lavoro, per poi distaccarsi notevolmente da un'eredità così pesante come quella di Naruto per trovare un'identità tutta sua.
L'avventura di Midoriya Izuku ha all'attivo, fino ad ora, la pubblicazione di 19 volumi in terra nipponica, mentre l'edizione italiana è portata sui nostri scaffali da Star Comics: la società perugina ha da poco pubblicato il 15° tankobon dell'opera, mentre il 16° vedrà la luce soltanto nel mese di ottobre 2018. Con la Stagione 3 dell'adattamento anime di Studio Bones in corso, tuttavia, l'occasione è ghiotta per tirare le somme sui primi 15 volumi del manga, una sorta di analisi della particolare creatura di Kohei Hirokoshi fino ad ora.
Un viaggio di formazione
L'epopea di My Hero Academia, soprattutto grazie alla trasposizione animata, la conosciamo ormai tutti a menadito: in un mondo in cui possedere superpoteri è diventata la normalità, poiché l'80% della popolazione ha sviluppato un Quirk (Unicità), la società ha accolto i supereroi come un'istituzione, creando associazioni e istituti di formazione per i giovani Hero. Midoriya Izuku, protagonista del racconto, è cresciuto nel mito di All Might, il più grande tra gli Heroes, l'eroe numero uno e il cosiddetto "Simbolo della Pace", colui che salva le persone con un sorriso. Il suo più grande sogno è percorrere le orme di All Might e diventare a sua volta un grande eroe, ma il fato gli tira un brutto scherzo quando, in tenera età, scopre di essere un individuo normale privo di Quirk: una rarità, nel worldbuilding imbastito da Kohei Hirokoshi, che pone il piccolo Midoriya in una condizione di emarginazione. Ciononostante, il nostro tenace e aspirante eroe non si perde d'animo e vive la sua vita da studente delle medie all'ombra di Katsuki Bakugo, un borioso ragazzino che possiede il Quirk dell'esplosione abituato a essere il migliore in tutto e il primo della classe. Nella premessa narrativa di base di My Hero Academia si evince già la sua natura profondamente derivativa da prodotti come Naruto: un protagonista inetto e incapace, che insegue a tutti costi un amico-rivale molto più popolare e capace di lui, ma che al tempo stesso è destinato a cambiare per sempre le sorti del suo mondo.
Quando si mette in mostra, gettandosi in salvo del suo compagno contro un villain melmoso, Izuku si dimostra degno agli occhi di All Might di possedere il One of All, il superpotere di cui l'Hero n. 1 è in possesso e che, secondo un'antica tradizione, viene passato di generazione in generazione ai giovani Hero più meritevoli - esattamente come accadde a lui in passato da un'eroina di nome Nana Shimura, la precedente detentrice del One for All.
Inizia così un racconto di profonda formazione, che vede Midoriya iscriversi al liceo Yuei per diventare un Hero professionista: diventerà, questo, un viaggio spirituale e fisico, volto ad apprendere cosa significa essere un vero eroe e a padroneggiare il potere donatogli da All Might, che a causa della sua inesperienza danneggia progressivamente il suo corpo.
Per tutta la prima parte del manga, che consideriamo più o meno nella prima decina di volumi, le dinamiche narrative, la struttura del racconto e finanche la caratterizzazione dei personaggi, incluse certe relazioni che si vengono a creare tra di essi, sembrano attingere e ispirati chiaramente all'epopea del ninja biondo di Masashi Kishimoto, un elogio costante ai principali crismi del genere di riferimento e dell'avventura di Naruto.
Ma poi qualcosa cambia: esattamente come sta accadendo con la terza stagione animata a cura del talentuoso staff di Studio Bones, da un certo punto in poi la trama assume caratteri molto più maturi, la qualità della narrazione e i toni del racconto prendono una direzione unica e indipendente. Per i fan dell'anime bisognerà aspettare ancora un po', ma è esattamente a partire dalla saga di Hideout Raid nel distretto di Kamino, dalla battaglia tra All Might e il temibile All for One, dal principio degli esami di licenza provvisoria per gli Heroes e dall'inizio del tirocinio una volta ottenuta la licenza che le ambizioni dell'opera di Kohei Horikoshi si espandono, allargando a dismisura il proprio immaginario con una ventata d'aria fresca tra personaggi e nuovi villain.
Plus Ultra!
Insomma, My Hero Academia parte forte sin da subito ma la vera accelerata avviene solo dopo i primi volumi dell'opera. In tal senso, alle origini della sua avventura, l'epopea di Midoriya Izuku sembra imperfetta esattamente come il suo giovane e tenero protagonista, denotando un tratto non ancora pienamente maturo sul versante visivo. In termini anche di "regia", infatti, i primi tankobon che raccolgono i capitoli iniziali del manga sfoggiano uno stile più confuso e caotico, caratterizzato da vignette piccole e zeppe di dialoghi: il tutto si traduce in una lettura piuttosto lenta, se pur appassionante, ma tutto cambia prima o poi con il trascorrere della storia.
Nel corso della sua serializzazione, lo stile del sensei Horikoshi si è evoluto sempre di più, la vignettatura è migliorata a vista d'occhio e il respiro delle inquadrature è salito progressivamente di qualità. Sin dall'inizio, però, il character design proposto da Kohei Horikoshi si rivela essere unico e originale, con personaggi pittoreschi e sfaccettati a partire dai protagonisti fino ai comprimari meno centrali. La fantasia e la creatività dell'autore nel realizzare l'aspetto di ogni Hero e i rispettivi poteri sono a dir poco immensi e posizionano l'estro del mangaka piuttosto vicino al genio visionario di maestri come Eiichiro Oda.
My Hero Academia, com'è stato già asserito in relazione all'adattamento anime, rappresenta una visione originale e in salsa nipponica del best of dell'immaginario supereroistico americano, pur ripercorrendo tutti i principali cliché del battle shonen nipponico. La rappresentazione dell'epica supereroistica supera persino quella di un prodotto acclamato come One-Punch Man, il cui principale elemento di perplessità è l'eccessivo ripiegarsi sui propri stessi crismi parodistici della mitologia eroica derivata dai comics americani. L'originalità del suo worldbuilding, la spettacolarità dell'opera nelle dinamiche action e la sua poetica emozionante, tipica delle produzioni di stampo adolescenziale, sono tutti elementi che rendono il lavoro di Kohei Horikoshi uno dei prodotti più fulgidi e interessanti di tutto il panorama dell'intrattenimento giapponese, una lettura imprescindibile per tutti coloro cresciuti e vissuti sotto l'egida di Dragon Ball, Hunter x Hunter, Naruto e ONE PIECE. Produzioni che, tra opere concluse, serializzazioni in corso e sequel in via di sviluppo, hanno fatto la storia di Weekly Shonen Jump e della cultura pop a livello globale, di cui My Hero Academia si candida a essere esponente indiscusso.
È una fortuna che Edizioni Star Comics stia portando My Hero Academia con cadenza più o meno regolare sui nostri scaffali: pur risultando inizialmente lenta e caotica, la lettura del manga di Kohei Horikoshi sale di ritmo, di qualità grafica e di ambizioni narrative con il passare dei volumi, scrollandosi prepotentemente di dosso l'egida di erede diretto e palese di Naruto. Pur portando con sé tutti gli stereotipi tipici del battle shonen moderno, infatti, l'epopea di Midoriya Izuku propone un worlbuilding sfaccettato e originale, un immaginario supereroistico di tutto rispetto e una serie di personaggi interessanti e ben caratterizzati.