Netflix e gli anime: tre prigioni dalle quali sarà difficile evadere

Breve analisi su Prison School, Deadman Wonderland e A-Jin, tre serie Netflix passate inosservate al pubblico di abbonati

Netflix e gli anime: tre prigioni dalle quali sarà difficile evadere
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Netflix e gli anime, gli anime e Netflix. Sta venendo sempre più a galla, negli ultimi anni, questa perfetta dualità tra la piattaforma streaming per eccellenza e la ben nota tecnica di animazione giapponese. E non è un caso che, negli scorsi mesi, il colosso di streaming abbia annunciato la messa in produzione di ben trenta serie anime originali che andranno a rimpinguare le fila della categoria. Dal canto nostro siamo molto felici di questa notizia, perché in questo modo ci sarà una diversificazione più ampia: molte serie, che prima non avrebbero trovato una distribuzione italiana (come del resto è accaduto in questi anni), avranno ora modo di farsi amare anche dal pubblico italiano meno attento al settore. Oggi, grazie a piattaforme come Netflix e VVVVID, molti anime di spessore sono riusciti a emergere dall'ombra dell'anonimato, cosa che reti nazionali e private italiane, volenti o nolenti, non hanno permesso loro di fare. C'è un lato negativo però: molte ottime serie non hanno ricevuto il giusto interesse da parte del pubblico italiano, motivo che ci ha spinti oggi a scegliere tre interessanti opere da consigliare agli amanti del genere. Tre titoli molto diversi tra loro ma con un unico punto d'incontro che li avvicina tutti: la prigionia.

Eros o Thanatos

Questo il motto, pronunciato anche da uno dei protagonisti , con cui si può riassumere l'intera serie anime Prison School. Paradossale, oscena (positivamente) e con un'attenzione particolare alla fisionomia femminile. La serie si concentra su cinque ragazzi che decidono di andare a studiare in un'accademia per sole donne, la quale ha recentemente aperto all'istruzione mista, permettendo anche agli studenti di sesso maschile di frequentare i corsi. Neanche a dirlo, i cinque risulteranno sin da subito un coacervo di tutte quelle perversioni simbolo della cultura pornografica giapponese e, a causa di ciò e delle severe regole di comportamento richieste all'Accademia Hachimitsu, Kiyoshi Fujino, Takehito "Gakuto" Morokuzu, Shingo Wakamoto, Joji "Joe" Nezu e Reiji "André" Ando si troveranno presto nei guai, e scopriranno quanto la perversione possa essere sinonimo di problemi. Durante una "missione" per spiare i bagni femminili, infatti, il gruppetto di pervertiti verrà platealmente scoperto e condannato ad un mese di prigionia e lavori forzati; alternativa, l'espulsione. Punto forte della serie, oltre ai cinque protagonisti - dei buffoni ben caratterizzati e che strapperanno più di una risata con le loro disavventure - è l'ottica in cui pone proprio la causa delle loro sofferenze. Sono schiavi delle loro perversioni e per questo vengono trattati come tali. Fino a che saranno preda dei loro impulsi la libertà sarà loro negata e si può identificare in ciò una certa forma di denuncia, seppur molto lieve, nascosta dietro un seinen dalla forte impronta comedy. Guardie (e principale causa) del loro fantasticare, sono i tre membri dell'associazione studentesca segreta, Mari Kurihara, Meiko Shiraki e Hana Midorikawa. Le tre hanno tutte un loro personale motivo per odiare gli uomini, ma la presidentessa Mari Kurihara è forse la più attiva nella missione di far espellere i cinque. Figlia del preside all'Accademia, anch'esso erotomane, ha nutrito rancore verso quest'ultimo talmente a lungo fino ad arrivare a odiare gli uomini, che considera solo dei maiali. Abile domatrice di corvi, Mari è anche la sorella della fiamma di Kiyoshi, Chiyo, e ciò non sarà affatto un bene per il poveretto. Una serie brillante e ben animata, seppur non ai livelli de L'Attacco dei Giganti o The Seven Deadly Sins, con un grande cast di personaggi e comprimari, ognuno esasperazione di tutti quei comportamenti osceni simbolo della "deviata" cultura sessuale giapponese. Diverte e intrattiene, e vi renderà prigionieri della sua comicità spinta ai limiti del paradossale.

Uccelli in gabbia

Da una prigione a un'altra. La serie in questione è Deadman Wonderland, ispirata all'omonimo manga di successo. L'anime è uno shonen d'azione che vede per protagonista il quattordicenne Ganta Igarashi, accusato del brutale massacro dei suoi compagni di classe e condannato perciò a morte. L'ambientazione in cui ci troviamo è post apocalittica, con una Tokyo semi distrutta da un devastante terremoto dieci anni prima che gli eventi principali della storia abbiano luogo. In questo futuro (mai ben precisato) tutti i condannati a morte vengono spediti nel primo carcere totalmente privatizzato del Giappone, Deadman Wonderland appunto, che finanzia anche la ricostruzione della metropoli tramite attrazioni aperte al pubblico, come se fosse un luna park. Il carcere è però una vera e propria fortezza, che al suo interno nasconde più di un segreto. Ganta è tuttavia innocente, incastrato per essere spedito proprio nel carcere di massima sicurezza. Una volta lì tenterà in ogni modo possibile di scoprire la vera identità dell'Uomo in Rosso, il vero artefice della strage, dimostrando così la sua innocenza. Nel corso delle ricerche scoprirà che l'uomo che tenta di smascherare lo ha reso padrone di un potere speciale denominato Ramo del Peccato, che permette a chiunque lo possieda di manipolare il proprio sangue. Grazie (o per colpa) di questo particolare dono, Ganta verrà inserito tra i cosiddeti Deadman, possessori del Branch of Sin e costretti a combattere tra di loro in una sezione segreta del carcere. Particolare interessante della prigione sono i collari indossati da ogni detenuto. Oltre ad essere accurati strumenti di controllo, questi rilasciano nel corpo dei prigionieri un potente veleno, che può essere neutralizzato solo tramite antidoto, che si trova all'interno di speciali caramelle, le quali posso essere acquistate con i cosiddetti Cast Points. Questi punti fungono da moneta di scambio per qualsiasi cosa all'interno del carcere, dal cibo fino ad arrivare ai beni di lusso. Per guadagnarli i prigionieri sono però costretti a partecipare a sadici giochi sotto gli occhi del pubblico pagante del luna park, che crede sia tutto un lavoro di effetti speciali.

Tornando ai Deadman, essi combattono sotto un nome in codice ispirato a un volatile, lo stesso Ganta ad esempio è denominato Picchio. Seppur muniti di ali, identificabili nel loro Branch of Sin, sono però come uccelli in gabbia. Punto forte di questo bellissimo shonen leggermente atipico (data la forte componente gore che presenta) è il rapporto che il protagonista riesce a intrattenere con gli altri Deadman, e nello specifico con la pallida ragazza di nome Shiro. È il mistero più grande che la serie propone, dato che pare conoscere il nostro protagonista, anche se quest'ultimo ignora chi essa sia e cosa rappresenti per lei. Appare come una minuta ragazzina albina con indosso una tuta aderente e degli enormi guanti a coprirle costantemente le mani, ma non fatevi ingannare dalle apparenze, poiché se deciderete di seguire questo fantastico anime le sorprese non mancheranno di certo.

"Del giorno in cui mi cadde il mondo addosso..."

Altra serie, altra prigione, questa volta metaforica, quella in cui viene catapultato il giovane Kei Nagai, studente modello impegnato a divenire un importante membro della società giapponese. Il nostro protagonista verrà trasportato nella crudele gabbia della diffidenza altrui, dal momento in cui si scoprirà essere un Ajin. Questi esseri immortali sono comparsi per la prima volta in Africa, 17 anni prima degli eventi narrati dalla serie, e sono temuti dalle persone. Sin dalla loro prima apparizione la gente ha sempre guardato con diffidenza agli Ajin, come sempre si guarda, tristemente, al diverso. Difatti, chiunque si riveli essere uno di loro, viene subito segnalato e posto sotto sequestro dallo stato in cui si trova, per essere poi sottoposto ad esperimenti vita natural durante (quindi per sempre): gli studi sono volti a testarne l'effettiva immortalità per poi indirizzare la capacità a scopi militari. Fortuna vuole che in soccorso di uno spaventato e confuso Kei arrivi il suo amico d'infanzia Kaito, che lo aiuterà a fuggire, intraprendendo anche quest'ultimo la fuga. La tematica della diversità, vista con paura, non è certo nuova negli anime, nei manga o nei Comics americani (vedi X-Men); ciò che rafforza davvero la serie, ancor più dell'opera da cui è tratta, è però la perfetta miscela di intimità e azione che trasmette allo spettatore, coadiuvata da una tecnica d'animazione eccellente, seppur a tratti straniante. A-Jin fa un uso massiccio di computer grafica e digitale, rendendo l'effetto su schermo molto pulito. Forse perché si tratta ancora una tecnica poco utilizzata, soprattutto nelle prime puntate, ma tutto sembra muoversi a rilento e forzatamente, cosa che tuttavia migliora (fino quasi a scomparire) andando avanti con la visione. Kei ha visto crollare il mondo che si era costruito e in cui credeva, fatto di regole ed esami da superare, per ritrovarsi in uno tutto nuovo, dove è paradossalmente libero dalle catene della società ma prigioniero della sua diversità e della diffidenza delle persone. Ottime tematiche, seppur datate, che rendono questo un prodotto quasi di crescita interiore e di accettazione verso il prossimo, che vale davvero la pena vedere.
Vi abbiamo descritto e raccontato tre serie molto diverse tra loro ma che trattano in modi differenti la tematica della prigionia, sia reale che metaforica, e lo fanno con una certa dose di stile. Correte quindi a recuperare questi validi prodotti, portati a noi e per noi da Netflix. Buona visione... e attenti a non farvi catturare.