Netflix: I migliori anime mecha presenti sulla piattaforma streaming

Nel sempre più ricco catalogo della piattaforma streaming Netflix abbiamo selezionato 4 imperdibili serie a base di epicità, dramma e robot giganti.

Netflix: I migliori anime mecha presenti sulla piattaforma streaming
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Cuore e acciaio. Questi gli ingredienti alla base di uno dei generi più caratteristici e fecondi dell'animazione giapponese, il mecha, genere caratterizzato dalla presenza di quelli che da ragazzi chiamavamo "robottoni" e che ha segnato generazioni di spettatori avvicinandoli al mondo dell'intrattenimento nipponico. Proprio il suo essere così antico ha fatto sì che sia divenuto, con gli anni, uno dei territori più complessi da esplorare. La sua apparente semplicità narrativa e la sua spettacolarità sono state usate da molti autori come leva per affrontare argomenti complessi quali la tragicità della guerra, l'inevitabilità della violenza, l'arbitrarietà della distinzione fra bene e male. In un momento storico in cui il mecha sta tornando di moda al punto da colonizzare altri media (eclatante il caso del franchise di Pacific Rim) abbiamo cercato di selezionare i titoli più appassionanti fra quelli disponibili sulla piattaforma di streaming Netflix.

L'imbattibile Daitarn III

Amatissimo nel nostro Paese, L'imbattibile Daitarn 3 è uno degli ultimi mecha di tipo super robot - che si contrappone al sottogenere real robot, caratterizzato da maggiore crudezza e realismo e la cui origine si fa ricondurre al 1979 con la realizzazione della prima serie di Gundam. In realtà, questo strepitoso anime del 1978 rappresenta già un deciso passo in avanti rispetto alle prime e gradevoli - ma molto semplici dal punto di vista narrativo - opere dello stesso genere. Realizzata dallo studio Sunrise per la sceneggiatura e la regia di Yoshiyuki Tomino, che con Toriton nel '73 aveva già minato il labile confine fra "buoni" e "cattivi" e che nel '77 con Zambot 3 si era guadagnato il soprannome di "macellaio" per la sua propensione a sacrificare comparse e protagonisti, L'imbattibile Daitarn 3 presenta alcuni tratti distintivi rispetto alle serie classiche nagaiane (citiamo almeno Mazinger Z, UFO Robot Goldrake e Jeeg robot d'acciaio, per capirci). La trama della serie vede Haran Banjo, un giovane di 28 anni dai capelli azzurri dotato di grandi doti atletiche che ostacola i piani degli inquietanti Meganoidi pilotando un immenso mecha di 120 metri. Daitarn 3, questo il nome del super robot, è uno dei pochi robottoni dotato di mimica, utilizzata spesso per alleggerire la tensione drammatica o per rimarcare la natura semi-parodistica della serie. Altre sue caratteristiche sono l'aspetto simile a un samurai e l'utilizzo di attrezzi come scudi, mazze, alabarde, giavellotti e persino un gigantesco ventaglio. La narrazione si sviluppa in maniera episodica, variando registro quasi ad ogni puntata. Commedia, horror, spionaggio, citazionismo pop: Tomino fonde tutto questo in un gigantesco e coloratissimo calderone che, pur esasperando le peculiarità del sottogenere "super robot", comincia già a muoversi in territori nuovi grazie a un certo interesse per la psicologia dei nemici e agli inquietanti risvolti etici legati all'origine dei Meganoidi, che si sono palesati a noi italiani solo di recente grazie al nuovo adattamento ad cura della Dynit, più fedele all'opera originale. Nonostante la sua generale aria scanzonata Daitarn 3 è una serie venata di amarezza e appesantita da una grave tragedia che aleggia su un protagonista ossessionato dalla guerra e dalla vendetta. Come nel successivo Gundam, la guerra è una "questione privata" sospinta da moventi intimi, personali e forse persino frivoli. Tuttavia, la differenza sostanziale fra questo prodotto e il suo "fratello minore" sta nell'essenza stessa del mecha: Daitarn è a tutti gli effetti deus (ex) machina, protagonista di scontri mitici e mitologici in cui non c'è spazio per il sudore, la fame, l'ultimo Dio d'Acciaio. Passato in secondo piano in patria, L'imbattibile Daitarn 3 è oggi una delle più citate in ogni ambito artistico italiano. Enumeriamo ancora una volta il gruppo ska dei Meganoidi, il fumetto Don Zauker di Pagani e Caluri e le decine di cover della sigla italiana

Mobile Suit Gundam

Appena un anno dopo L'imbattibile Daitarn 3, Yoshiyuki Tomino e lo studio Sunrise ci riprovarono con un prodotto profondamente diverso dal mecha standard che in quegli anni faceva furore sulle reti televisive del Giappone e del mondo. E, naturalmente, incassarono un nuovo insuccesso, anche se Mobile Suit Gundam si rivelò negli anni seguenti una vera e propria miniera d'oro, ispirando sequel e prequel animati, spin-off ambientati in dimensioni parallele, romanzi, film e serie manga di strepitoso impatto economico e culturale. L'elemento su cui Tomino e i suoi collaboratori si concentrarono, capovolgendo totalmente lo stile del precedente Daitarn, è il realismo, elemento per forza di cose inedito in quel caleidoscopico amalgama di adorabili assurdità che è il mecha degli anni Settanta. Nel futuro narrato nella serie originale, l'uomo si è ormai spinto da tempo oltre i confini terrestri, finendo con il colonizzare lo spazio vicino creando centinaia di isole spaziali orbitanti in zone di spazio chiamate Side. Nell'anno 0079 il Principato di Zeon, situato in Side 3, dichiara la propria indipendenza dalla Federazione Terrestre e innesca una guerra spaventosa che, nel giro di sei mesi, dimezza l'umanità. La cosiddetta Guerra Di Un Anno pende in favore di Zeon grazie all'utilizzo di un'arma rivoluzionaria, un mobile suit chiamato Zaku. Nel primo episodio della serie Zeon attacca Side 7 spargendo morte e distruzione sulla colonia spaziale dei nostri protagonisti. Sconvolto dalla tragedia occorsa alla sua affezionata amica Fraw Bow e dalla freddezza di suo padre, scienziato al servizio dell'esercito, l'introverso Amuro Ray decide di mettersi alla guida del Gundam, un mecha che rappresenta l'arma segreta della Federazione contro il Principato. Avrà così inizio la seconda parte della Guerra Di Un Anno che vedrà Amuro e altri ragazzi dotati come lui schierati in prima linea in una lotta fratricida. Grande importanza ricopre in Gundam il dettaglio: i robot si danneggiano e terminano le munizioni, possono rompersi in seguito a un atterraggio brusco, rischiano di bruciare entrando in atmosfera terrestre. Tutto questo senza comunque rinunciare alla fantasia più sfrenata, che si esprime ad esempio tramite il concetto di "newtype", una specie di evoluzione tecno-dipendente dell'uomo come lo conosciamo. Sia come sia, con Gundam nasce il sottogenere "real robot" che oggi domina il mercato. L'impatto di questa serie si può descrivere agevolmente con l'immagine della riproduzione del mobile suit in scala 1/1 alta 18 metri, posta nel 2009 nel parco dell'isola di Odaiba per celebrare i trent'anni dalla sua messa in onda. Come dire, un successo titanico.

Code Geass - Lelouch of the rebellion

Alla guida dell'ennesima opera mecha entrata di prepotenza nell'immaginario di ogni appassionato c'è ancora una volta lo studio Sunrise, che nel 2006 manda in onda la prima stagione di Code Geass - Lelouch of the rebellion scritta da Ichiro Okochi (sceneggiatore di Eureka Seven e Guilty Crown) per la regia di Goro Taniguchi (che ricordiamo almeno per aver diretto Planetes, tratta dall'omonimo seinen di Makoto "Vinland Saga" Yukimura) e il character design delle CLAMP, collettivo di disegnatrici celebri per prodotti come Magic Knight Rayearth e Card Captor Sakura. A questo primo blocco di 25 episodi seguirà poi Code Geass - Lelouch of the rebellion R2, anch'esso presente su Netflix, che conclude la serie solo apparentemente, poiché sappiamo che il suo seguito ufficiale, intitolato Code Geass: Fukkatsu no Lelouch, sarà mandato in onda nei prossimi mesi. Dai nomi coinvolti possiamo già intuire quale sia l'idea artistica alla base di questo ennesimo lavoro targato Sunrise: una brillante e complessa commistione di generi.

Fantascienza, fantapolitica, fantasy, commedia scolastica si fondono assieme in una serie dai toni adulti - e dal design idealizzato e vagamente shojo - che scava a fondo nell'animo umano. Protagonisti della serie sono Lelouch Lamperouge, disconosciuto principe di Britannia che lotta per l'indipendenza del Giappone dall'Impero, e Suzaku Kururugi, giapponese ossessionato dai sensi di colpa e intenzionato a mutare l'Impero dall'interno, limitando al minimo gli spargimenti di sangue. Ognuno dei due schieramenti (l'esercito occupante da un lato, i Cavalieri Neri guidati da Lalouch dall'altro) dispone di un'arma formidabile, un Knightmare, ovvero robot giganti utilizzati dalle forze Imperiali e il cui funzionamento dipende da un minerale chiamato sakuradite e il Geass, potere misterioso che consente a Lelouch di controllare la volontà altrui. Avrà così inizio una vera e propria partita a scacchi ricca di drammi e di colpi di scena. Si è discusso a lungo se sia opportuno o meno ascrivere Code Geass al genere mecha: certamente i combattimenti a base di robot sono un elemento non di primo piano nella serie. In Code Geass c'è poco cuore - inteso come nobiltà d'animo - e ancor meno acciaio. Ma, quando presenti, i duelli a base di mecha sono spettacolari, esaltanti e animati in maniera impeccabile.

Knights of Sidonia

Come sappiamo l'evoluzione non è un processo lineare: è fatta di alti e bassi, bivi, ripensamenti, vicoli ciechi. Questo riguarda gli esseri viventi così come anche le influenze, gli stili, le idee. Apparentemente Knights of Sidonia, anime del 2014 in due stagioni che lo studio Polygon Pictures ha tratto dall'omonimo manga di Tsutomu Nihei (già famoso per il celebrato Blame!), sembra retrocedere rispetto a prodotti come Gundam o Code Geass per tornare alla rassicurante dicotomia umano-buono vs alieno-cattivo. L'antefatto: la Terra e l'intero sistema solare sono stati distrutti da una razza di immani alieni polipoidi chiamati Gauna; la razza umana allestisce 500 arche spaziali, fra le quali c'è la nave-seme Sidonia, e si dà alla fuga nel cosmo. Migliaia di anni dopo, la vita a bordo della Sidonia è caratterizzata da un forte squilibrio sociale: i cittadini dei livelli superiori godono di tutti i diritti e della luce del sole, mentre quelli dei ponti inferiori (fra cui il protagonista, Nagate Tanikaze) patiscono la fame. Tra i complotti tesi dall'elite dei governanti di Sidonia, l'orrore cosmico sempre a un passo, uomini che si nutrono di luce ed ermafroditi in grado di cambiare sesso a piacere (come Izana, uno dei personaggi più interessanti della serie), Nagate e gli altri Cavalieri di Sidonia a bordo di mecha - che sono ormai mero strumento di morte - si troveranno a lottare per la propria sopravvivenza contro i voraci e implacabili Gauna. Ricco di azione, pur senza mai divenire frenetico, l'anime della Polygon mantiene un ritmo sostenuto e non mancano i momenti demenziali, i colpi di scena, il dramma e il "morto a sorpresa". La grafica di Knights of Sidonia è ben curata (qui lo studio ha svolto un lavoro oggettivamente più convincente rispetto a quanto fatto in Ajin) e la colonna sonora fa il suo lavoro senza eccedere.

Caratteristica fondamentale del genere mecha è la presenza di un protagonista forte, volitivo, scapestrato ma fondamentalmente giusto. In una parola: speciale. Haran Banjo, Amuro Ray e Lelouch Lamperouge sono esempi perfetti del tipico scavezzacollo che rischia la vita per un ideale, per difendere i deboli e gli innocenti dal Male o da ciò che lui vede come il Male. In puro stile Gundam, le munizioni possono esaurirsi e i colpi subiti dal robot possono causare danni anche ai piloti al proprio interno. Si è compiuta ormai la definitiva spersonalizzazione del mecha, ma il robottone d'acciaio continua a svolgere il proprio ruolo totemico di vessillo della libertà e della speranza. Fra le rassicuranti paratie di un Daitarn o di un Knightmare tutto è possibile, sempre.