Shaman King: impressioni sugli episodi disponibili su Netflix

Abbiamo visionato gli episodi del rifacimento animato di Shaman King recentemente pubblicati su Netflix e doppiati in italiano.

Shaman King: impressioni sugli episodi disponibili su Netflix
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Trasmesso sul circuito televisivo nipponico a partire dallo scorso aprile, il remake animato di Shaman King è approdato anche in Italia grazie a Netflix, che nelle ultime settimane ne ha accolto i primi 13 episodi sulla propria piattaforma di streaming (per maggiori informazioni sulle ultime novità di Netflix consultate il nostro speciale sulle uscite di agosto 2021). Incuriositi dalla presenza del doppiaggio in italiano, che salvo un paio di casi ha visto il ritorno dei doppiatori storici coinvolti da Merak Film nel lontano 2005, quando il primo adattamento animato di Shaman King giunse nel Bel Paese, abbiamo visionato quella che Netflix propone erroneamente come "prima stagione" della serie televisiva realizzata dallo studio Bridge. Senza ulteriori indugi, vi proponiamo di seguito le nostre consolidate impressioni su quella che in realtà non è altro che la prima parte di un anime unico e indivisibile, che stando a quanto dichiarato dovrebbe comporsi di ben 52 episodi.

Il prossimo Re degli Sciamani

Quella di Shaman King è la storia di Asakura Yoh, un discendente di un'antichissima stirpe di sciamani, ossia quegli individui in grado di comunicare con gli spiriti dei defunti (per tutti i dettagli sull'incipit dell'opera vi suggeriamo di rileggere la nostra anteprima di Shaman King).

Sotto la guida severa del nonno Yohmei, il giovane Yoh si è infatti preparato per tutta la vita per prendere parte allo Shaman Fight, un vero e proprio torneo cui ogni cinque secoli partecipano gli sciamani più forti e capaci di tutto il mondo, al fine di eleggere il solo e unico Shaman King: il salvatore che, fondendosi col Grande Spirito, ha la facoltà di scongiurare la distruzione del pianeta e rigenerarlo. Tuttavia, essendo estremamente svogliato, da bambino Yoh ha deciso di diventare il prossimo Re degli Sciamani soltanto poter trascorrere una vita agiata e spensierata, nonché all'insegna dell'ozio. La sua prestigiosa casata nasconde però un terribile lato oscuro, rappresentato purtroppo dal suo fratello gemello Asakura Hao: un potentissimo onmyoji vissuto mille anni prima dei fatti narrati nell'anime (e nell'omonimo manga), che dopo essersi reincarnato per ben due volte è tornato nel mondo terreno per liberarlo dalla cattiveria degli esseri umani, diventare Shaman King e creare un regno di soli sciamani, che appunto egli ritiene degli esseri superiori. Per quanto difficile, il compito di porre fine alle ambizioni del malvagio Hao è toccato allo stesso Yoh, che volente o nolente ha quindi dovuto addossarsi i secolari segreti e le gravose responsabilità della famiglia Asakura.

Senza scendere troppo nei particolari, al fine di non rovinare il piacere della scoperta a chiunque dovesse affacciarsi per la prima volta all'opera di Hiroyuki Takei, Shaman King è un battle shonen appassionante e ricco di colpi di scena. Vi è però un particolare dettaglio che permette alla serie di distinguersi dai suoi molti congeneri: laddove gli shonen tendono in genere a raccontare con una certa regolarità il fondamentale addestramento fisico sostenuto dai rispettivi protagonisti, Shaman King presta molta più attenzione alla sfera emotiva e prettamente spirituale.

Non per nulla, la forza di uno sciamano non è determinata soltanto dalle capacità fisiche dell'individuo, ma anche e soprattutto da una conoscenza superiore di sé stessi e dal profondo legame instaurato con lo spirito custode. Come risultato, non solo i personaggi risultano ben caratterizzati, ma la storia segue un percorso evolutivo lineare e sempre entusiasmante. Ciascuno dei partecipanti al torneo è difatti sorretto da motivazioni più che plausibili e talvolta persino ecologiste, che spaziano dall'egoistico sogno di Yoh di poter condurre una vita agiata al desiderio di Ren di uccidere suo padre En, senza dimenticare l'altruistica volontà di Horo Horo di scongiurare l'estinzione del minuto popolo dei Koropokkuru.

Luci e ombre del remake

La scorrevolezza di Shaman King, che a nostro avviso è sempre stata una delle principali qualità dell'opera di Hiroyuki Takei, ha giovato non poco della trasposizione animata adoperata da Bridge.

Mentre il primo adattamento presentava dei fastidiosi filler e per di più sfociava in un insoddisfacente finale non tratto dal fumetto (ve ne abbiamo parlato nel dettaglio nel nostro speciale sul manga di Shaman King), la nuova serie televisiva si focalizza soltanto sugli eventi principali della vicenda, eliminando invece i contenuti e gli avvenimenti tutto sommato superflui del racconto originale. Sebbene la storia possa apparire alquanto diluita (specie se confrontata col manga), il passo incedente e la fluidità dell'anime consentono allo spettatore di immergersi completamente nell'epopea di Yoh e di "viverla" senza dover effettuare irritanti soste di alcun tipo.

Di conseguenza, se la precedente serie televisiva di Shaman King aveva impiegato ben 27 episodi per adattare la porzione di storia raccontata nei primi 9 volumi e mezzo del fumetto, il remake firmato studio Bridge ne ha richiesti soltanto 13.

Peccato soltanto che Netflix abbia deciso di sua iniziativa su suddividere la serie in più blocchi, che non essendo state concepite sin dal principio come stagioni vere e proprie, non offrono al pubblico delle chiusure convincenti, seppur temporanee. A tal proposito, sarebbe stato più sensato definire ciascun "cour" come una parte (similmente a quanto fatto con Le terrificanti avventure di Sabrina e altre opere, sia in ambito anime che serial), e in questo primo caso fermarsi un episodio prima, con la chiusura delle sanguinose vicende legate alla famiglia Tao.

Come riferito in una nostra precedente anteprima di Shaman King, il remake realizzato dallo studio Bridge è una piccola gioia per gli occhi.

In parte questo risultato è dovuto alla presenza di animazioni discrete e di una colonna sonora frizzante e puntuale, eppure il suo più grande pregio va ricercato nella decisione dello studio di adottare il rinnovato character design di Takei. Nel caso abbiate messo a confronto le due sovraccoperte proposte dalla Final Edition italiana del manga di Shaman King, avrete sicuramente notato un'evoluzione incredibile del tratto, che oggi appare meno squadrato e al contrario vanta linee delicate e sinuose, sia per quanto concerne i personaggi maschili che quelli femminili. Allo stesso modo il remake animato di Shaman King si differenza dal precedente anime per la presenza di disegni fascinosi, colori vivaci e personaggi adeguatamente proporzionati.

Un doppiaggio quasi perfetto

Passando infine al doppiaggio italiano, siamo purtroppo costretti ad ammettere che questo ci ha fatto provare sensazioni contrastanti. Da Gianluca Iacono a Luca Bottale, che in occasione del remake hanno prestato nuovamente le loro voci a Ryu e Horo Horo, l'interpretazione vocale dei doppiatori storici chiamati già nel 2005 è stata impeccabile, e in particolare abbiamo apprezzato le performance di Emanuela Pacotto e Alessandra Karpoff su Anna e Jun.

Tra tutti, però, i doppiatori nostrani che ci hanno colpito maggiormente sono proprio le new entry Tommaso Zalone (Asakura Yoh), Mosè Singh (Tao Ren) e Dario Sansalone (Faust VIII), i quali sono subentrati stavolta a Simone D'Andrea, Patrizio Prata e Daniele Demma. Non solo i tre interpreti ci hanno resi testimoni del loro grande talento recitativo, ma i rispettivi timbri vocali ci sono parsi sicuramente più azzeccati all'età dei personaggi loro assegnati, restituendoci di conseguenza degli accostamenti più ragionevoli e apprezzabili di quelli proposti nel 2005 da Merak Film.

Per il rovescio della medaglia, la traduzione in italiano dei dialoghi ci ha fatto storcere il naso in più occasioni, a causa di un adattamento dozzinale, che di tanto in tanto si concede qualche inopportuna esagerazione e addirittura stravolge il significato delle battute originali. Con nostra grande sorpresa, la pronuncia dei nomi asiatici e dei loro accenti è stata rispettata in ogni singola occasione, peccato solo per il vizietto italiano di capovolgere i nomi e cognomi giapponesi e cinesi, anteponendo i primi ai secondi come se fossero improvvisamente occidentali. Una pratica antica e discutibile che piano piano sta cadendo in disuso, ma che ancora oggi affligge la maggior parte dei doppiaggi commissionati da Netflix.

Shaman King Il remake della trasposizione animata di Shaman King è esattamente quello che i fan storici meritavano. Snellendo il racconto e mettendo da parte gli avvenimenti talmente superflui da sembrare dei “filler”, lo studio Bridge ha saputo allestire un percorso coinvolgente e privo della benché minima deviazione, nonché la soluzione ideale per le nuove generazioni per scoprire uno degli shonen più apprezzati e innovativi degli anni ’90. Peccato soltanto che Netflix abbia deciso di trasformare i suoi quattro cour in fantomatiche e non previste stagioni, frammentando la serie e interrompendo bruscamente la narrazione, e che la traccia doppiata in italiano sia affetta da leggerezze e scelte di adattamento a nostro avviso discutibili.