Il primo adattamento di The Promised Neverland è datato 2019 e lo studio che prese l'incarico di animarlo fu CloverWorks. Il risultato fu soddisfacente e i suoi dodici episodi hanno adattato i primi cinque volumi del manga, su venti totali (qui potete recuperare la recensione di The Promised Neverland Stagione 1). Una resa che già all'epoca non fu perfetta, ma nonostante l'anime non riuscisse a replicare l'introspezione dell'opera cartacea ne rispettava pienamente le atmosfere e il senso di angoscia dopo la scoperta della verità.
Ciò che colpisce lo spettatore e il lettore della controparte cartacea e proprio questa componente narrativa atipica rispetto al classico shonen. Si lotta non contro un nemico, ma per la sopravvivenza, un combattimento scaturito dalla consapevolezza di essere stati imbrogliati per tutta la vita da quella che consideravano la loro madre. Il piano per la fuga riesce, ma cosa incontreranno al di là delle mura i giovani ragazzini in un mondo governato dai demoni? Le domande erano molte così come le aspettative per la seconda stagione, che purtroppo non ha funzionato (qui la recensione di The Promised Neverland 2). Cosa è andato storto?
Le scelte grafiche e stilistiche
Anche per i nuovi episodi scende in campo lo studio CloverWorks, il cui stile di animazione ci è sembrato del tutto involuto rispetto alla precedente season. Questo decadimento qualitativo è da attribuirsi all'ausilio di animazioni non particolarmente sopraffine, talvolta addirittura riciclate. Il comparto tecnico dell'opera si è avvalso anche dell'ausilio della computer grafica, ma anche il livello di quest'ultima è altalenante soprattutto per quanto concerne le scene ambientate nei boschi fuori Grace Field.
Se la controparte grafica risulta sufficiente per il rotto della cuffia, ciò che si distacca maggiormente dalla prima stagione è l'aspetto stilistico. Confrontando le opening delle due stagioni, notiamo la quasi totale assenza di luce nella prima, quasi a simboleggiare le tenebre del mondo di The Promised Neverland. La seconda stagione presenta un opening più classica e visivamente luminosa: un dettaglio che ricorda più un battle shonen qualsiasi invece che il cupo manga disegnato da Posuka Demizu e scritto da Kaiu Shirai. Questa discrepanza, estremizzata nella sigla, si ripercuoterà sfortunatamente anche nel tono degli episodi.
La trama e i personaggi
Anche trascurando momentaneamente l'esistenza di una controparte cartacea, la trama di The Promised Neverland 2 risulta troppo frettolosa e manchevole di fondamenta solide. I personaggi principali compiono le loro azioni per motivazioni piuttosto futili, risultando soltanto l'ombra di ciò che erano nella stagione precedente. Se Emma rimane fedele alla sua filosofia del "salvare tutti", Ray perde il suo gelido cinismo mentre Norman cerca di divenire un machiavellico Light Yagami, che progetta lo sterminio dei demoni per la salvezza degli umani, ricredendosi e scoppiando in un mare di lacrime nel giro di una manciata di puntate.
In sintesi, ciò che già nel manga originale (soprattutto nelle fasi finali) cadeva vittima di una sceneggiatura un po' frettolosa, nella versione animata trova la sua peggiore incarnazione possibile, perché il ritmo della scrittura nella serie televisiva è addirittura ben più raffazzonato rispetto al materiale cartaceo.
Il vero difetto della trama è il cast e ancor di più la mancanza di un vero antagonista. A vestire questo ruolo è Peter Ratri, umano e ultimo discendete della famiglia che possiede il compito di mantenere la promessa fatta da uomini e demoni millenni prima. Tuttavia, la versione anime di Peter non è che l'ombra di se stesso, travolto da un apparente trauma interiore che lo ha portato ad uccidere prima il fratello Minerva ed anni dopo se stesso, quando Emma gli propone di fuggire insieme a tutti i bambini e le madri delle varie fattorie. Peter è il classico cattivo per pura volontà di trama, senza alcun approfondimento in grado di fornirgli il benché minimo carisma.
Le differenze con il manga
Se la prima stagione vanta di dodici episodi estrapolati da cinque volumi del manga, la seconda stagione presenta undici episodi rispetto a quindici tankobon rimanenti. Una trasposizione 1:1 del manga era praticamente impossibile e i tagli alla trama sono, di conseguenza, molteplici. Tagli che hanno portato all'eliminazione di personaggi utili alla continuazione del racconto, seppur alcune tracce del manga siano sopravvissute a questa esclusione senza tuttavia trovare una spiegazione coerente. Un esempio sono le scritte "Help" nelle mura di una stanza del bunker nell'episodio 3, che vanno a creare un mistero lasciato irrisolto, così come altre trame secondarie che hanno conclusione esclusivamente nella controparte cartacea.
Vittima di questo stravolgimento non può che non essere anche il finale. Emma, Rey e Norman permettono a tutti gli altri umani di salvarsi, ma rimangono nel mondo dei demoni alla ricerca di tutti i bambini reduci dalle fattorie o dal progetto Lambda. Il problema è che questa porzione di trama è sintetizzata soltanto in pochi minuti. La possibilità di un adattamento anime soddisfacente, anche se totalmente diverso dal manga, era in fondo più che possibile. In questi anni sono molteplici i casi di questo tipo, basti pensare alla serie animata di Fullmetal Alchemist del 2003. The Promised Neverland 2 ha corso invece contro il tempo senza alcuna ragione, risultando un'opera incompleta e dal retrogusto amaro.
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Il primo adattamento di The Promised Neverland è datato 2019 e lo studio che prese l'incarico di animarlo fu CloverWorks. Il risultato fu soddisfacente e i suoi dodici episodi hanno adattato i primi cinque volumi del manga, su venti totali (qui potete recuperare la recensione di The Promised Neverland Stagione 1). Una resa che già all'epoca non fu perfetta, ma nonostante l'anime non riuscisse a replicare l'introspezione dell'opera cartacea ne rispettava pienamente le atmosfere e il senso di angoscia dopo la scoperta della verità.
Ciò che colpisce lo spettatore e il lettore della controparte cartacea e proprio questa componente narrativa atipica rispetto al classico shonen. Si lotta non contro un nemico, ma per la sopravvivenza, un combattimento scaturito dalla consapevolezza di essere stati imbrogliati per tutta la vita da quella che consideravano la loro madre. Il piano per la fuga riesce, ma cosa incontreranno al di là delle mura i giovani ragazzini in un mondo governato dai demoni? Le domande erano molte così come le aspettative per la seconda stagione, che purtroppo non ha funzionato (qui la recensione di The Promised Neverland 2). Cosa è andato storto?
Le scelte grafiche e stilistiche
Anche per i nuovi episodi scende in campo lo studio CloverWorks, il cui stile di animazione ci è sembrato del tutto involuto rispetto alla precedente season. Questo decadimento qualitativo è da attribuirsi all'ausilio di animazioni non particolarmente sopraffine, talvolta addirittura riciclate. Il comparto tecnico dell'opera si è avvalso anche dell'ausilio della computer grafica, ma anche il livello di quest'ultima è altalenante soprattutto per quanto concerne le scene ambientate nei boschi fuori Grace Field.
Se la controparte grafica risulta sufficiente per il rotto della cuffia, ciò che si distacca maggiormente dalla prima stagione è l'aspetto stilistico. Confrontando le opening delle due stagioni, notiamo la quasi totale assenza di luce nella prima, quasi a simboleggiare le tenebre del mondo di The Promised Neverland. La seconda stagione presenta un opening più classica e visivamente luminosa: un dettaglio che ricorda più un battle shonen qualsiasi invece che il cupo manga disegnato da Posuka Demizu e scritto da Kaiu Shirai. Questa discrepanza, estremizzata nella sigla, si ripercuoterà sfortunatamente anche nel tono degli episodi.
La trama e i personaggi
Anche trascurando momentaneamente l'esistenza di una controparte cartacea, la trama di The Promised Neverland 2 risulta troppo frettolosa e manchevole di fondamenta solide. I personaggi principali compiono le loro azioni per motivazioni piuttosto futili, risultando soltanto l'ombra di ciò che erano nella stagione precedente. Se Emma rimane fedele alla sua filosofia del "salvare tutti", Ray perde il suo gelido cinismo mentre Norman cerca di divenire un machiavellico Light Yagami, che progetta lo sterminio dei demoni per la salvezza degli umani, ricredendosi e scoppiando in un mare di lacrime nel giro di una manciata di puntate.
In sintesi, ciò che già nel manga originale (soprattutto nelle fasi finali) cadeva vittima di una sceneggiatura un po' frettolosa, nella versione animata trova la sua peggiore incarnazione possibile, perché il ritmo della scrittura nella serie televisiva è addirittura ben più raffazzonato rispetto al materiale cartaceo.
Il vero difetto della trama è il cast e ancor di più la mancanza di un vero antagonista. A vestire questo ruolo è Peter Ratri, umano e ultimo discendete della famiglia che possiede il compito di mantenere la promessa fatta da uomini e demoni millenni prima. Tuttavia, la versione anime di Peter non è che l'ombra di se stesso, travolto da un apparente trauma interiore che lo ha portato ad uccidere prima il fratello Minerva ed anni dopo se stesso, quando Emma gli propone di fuggire insieme a tutti i bambini e le madri delle varie fattorie. Peter è il classico cattivo per pura volontà di trama, senza alcun approfondimento in grado di fornirgli il benché minimo carisma.
Le differenze con il manga
Se la prima stagione vanta di dodici episodi estrapolati da cinque volumi del manga, la seconda stagione presenta undici episodi rispetto a quindici tankobon rimanenti. Una trasposizione 1:1 del manga era praticamente impossibile e i tagli alla trama sono, di conseguenza, molteplici. Tagli che hanno portato all'eliminazione di personaggi utili alla continuazione del racconto, seppur alcune tracce del manga siano sopravvissute a questa esclusione senza tuttavia trovare una spiegazione coerente. Un esempio sono le scritte "Help" nelle mura di una stanza del bunker nell'episodio 3, che vanno a creare un mistero lasciato irrisolto, così come altre trame secondarie che hanno conclusione esclusivamente nella controparte cartacea.
Vittima di questo stravolgimento non può che non essere anche il finale. Emma, Rey e Norman permettono a tutti gli altri umani di salvarsi, ma rimangono nel mondo dei demoni alla ricerca di tutti i bambini reduci dalle fattorie o dal progetto Lambda. Il problema è che questa porzione di trama è sintetizzata soltanto in pochi minuti. La possibilità di un adattamento anime soddisfacente, anche se totalmente diverso dal manga, era in fondo più che possibile. In questi anni sono molteplici i casi di questo tipo, basti pensare alla serie animata di Fullmetal Alchemist del 2003. The Promised Neverland 2 ha corso invece contro il tempo senza alcuna ragione, risultando un'opera incompleta e dal retrogusto amaro.
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