Berserk - L’uovo del Re dominatore, focus on Yamato Video sul primo film animato della trilogia

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Si possono affrontare i discorsi più piacevoli a proposito del primo film della trilogia Berserk. E anche i più spiacevoli, qualora siate affezionati al girone dei tradizionalisti in fatto di animazione creata a mano e non gradite troppo le intromissioni di Computer Graphics. Eppure, non si può biasimare una pellicola come L’uovo del Re dominatore. Film epocale, nella recente storia degli anime giapponesi. Per cominciare ha riportato in auge le trilogie animate, quelle di senso compiuto come ai tempi di Gundam (1979), slegandosi dal circuito personalizzato degli otaku e ripartendo daccapo nel raccontare la parte sicuramente più avvincente del fumetto di Kentaro Miura, ovvero L’Epoca d’Oro. Sarebbe stato facilissimo risparmiare tempo e riprendere dove la serie televisiva del ’96 si era fermata.

Ma Miura è sempre stato chiaro: il fumetto non è ancora finito. Che dietro ci sia un po' più di sostanza rispetto al sentimentalismo dell'autore è quasi superfluo annotarlo. Intendiamo: la sostanza tipica dei direttori di marketing. Berserk infatti è da anni il manga dark fantasy più popolare in Giappone (30 milioni di copie vendute), e continua a essere pubblicato in mezzo mondo. Il merchandising a esso ispirato macina successi e riempie le tasche: carte collezionabili, tankobon, videogame, action figure, libri illustrati, i ciondoli con bejelit sono solo alcune delle voci più ricercate. Portare al cinema un'opera monca solo per assecondare i fedeli ammiratori del manga sarebbe stato dunque una stupidata colossale. Anche Warner Bros. (Japan) che sta dietro la macchina produttiva e distributiva della trilogia è sempre stata chiara: si riparte dall'inizio. E gli incassi discreti sembrano averle dato ragione. Senza contare che il film è stato venduto in Europa e nei paesi di lingua inglese per il mercato dell'Home Video, dove il giro d'affari è notevolmente messo meglio nonostante gli scaricatori abusivi.

L'uovo del Re dominatore è di certo un film epocale per lo Studio 4°C, fondato dalla signora Eiko Tanaka (ex Ghibli), tenuto in vita da occasionali collaborazioni esterne ma soprattutto dalle mirabolanti animazioni short di Koji Morimoto, discepolo indie di sua maestà Katsuhiro Otomo. Epocale perché, dopo le ottime prove di Genius Party, per la prima volta lo studio si è cimentato con uno di quei film di Serie A, in cui il lavoro di squadra conta enormemente rispetto a un'opera artistica di pochi minuti. Realizzare questa trilogia cinematografica ha insomma il sapore della sfida: Berserk è un titolo su cui non si può sbagliare una virgola. Altrimenti scoppia la rivoluzione, la Mano di Dio è nulla in confronto all'acrimonia dei fan. Forse per tale ragione la pellicola diretta da Toshiyuki Kubooka (classe 1963) risulta a prima vista molto tradizionalista, non va in cerca di impennate ma sta dalla parte del fumetto, compresa la sua fedeltà all'aspetto crudo e violento che in televisione si è avvertito meno. Inoltre Warner Bros. non appare dietro le quinte per caso. Affidare la lavorazione allo Studio 4°C più che una scelta, sembra la conferma di fiducia a un pool di animatori con i quali era già entrata in affari quando affidò loro le animazioni del film Batman: Gotham Knight, presidiato guarda caso dall'operato del regista Kubooka. Perfino la durata dei singoli episodi, 80 minuti il primo, 96 il secondo e 107 il terzo, testimoniano un crescendo non solo narrativo ma anche promozionale, assecondando il desiderio degli autori di offrire maggior spettacolo al pubblico.

Se non proprio epocale, altro cruciale asso nella manica di questo film è la famigerata fusione di animazione tradizionale e Motion Capture, tecnica quest'ultima che ha dato agli appassionati non pochi grattacapi. Più che altro, l'impressione di trovarsi in un videogame. Niente di male, visto che Capcom si è tenuta a distanza ravvicinata del progetto dichiarando che le armi impugnate in Berserk saranno replicate nel loro videogioco Dragon's Dogma. In realtà è molto più di così e non è questo a cambiare le regole del gioco: Toshiyuki Kubooka desiderava infatti che le drammatiche scene di combattimento (come l'assedio iniziale: nel suo genere un piccolo capolavoro) fossero rese dalla fusione della cel animation con la Motion Capture per ricreare i movimenti umani, corpo e volto, in maniera più che mai realistica. Realismo a cui ha contribuito la consulenza di Jay Noyes, un esperto in materia che ha suggerito come far maneggiare le armi "in scena". I personaggi in simil-fotorealismo, versione tecnologicamente aggiornata di quanto faceva Toei Doga all'epoca di Hakujaden, non sono però la sola attrattiva di Berserk. Né una sfacciata esibizione di bravura tecnica. Questo primo capitolo della trilogia ha del resto una gran voglia di ficcanasare nel rapporto tra Guts e Griffith con una tensione drammaturgica pari al fumetto. Sottilmente lo dice anche la frase di lancio della pellicola puntualizzando che "non è davvero possibile tranciare i legami" (quella del secondo episodio, per esempio, sarà più lapidaria: "L'Inferno è il nostro destino"). E se non credete che ciò sia possibile, in una pellicola costretta a condensare in ottanta minuti spargimenti di sangue, l'ascesa del Falco e la gelosia di Caska nei confronti del nuovo arrivato Guts, consigliamo di rivedere tutte le meravigliose scene paesaggistiche scelte per onorare l'incontro-scontro fra lo spadaccino e il suo avversario. Yusuke Takeda e i suoi collaboratori hanno dato il meglio possibile in fondali di gran qualità, disegnati apposta per miscelare le emozioni palpabili e la personale "disfida" tra i due. Un duello silenzioso che si piega infine alla sudditanza del più fascinoso sul più forte.

Ci eravamo passati molto vicini anche nella serie televisiva. (Ri)vedere quel magnifico rapporto di attrazione/repulsione alla maniera di Toshiyuki Kubooka restituisce in L'uovo del Re dominatore l'eco delle sue passioni da animatore: il cinema di grande respiro di Hayao Miyazaki (il suo modello di regia) e l'abilità artigianale di Tomonori Kogawa, il collega conosciuto negli anni giovanili quando lavorava sulle serie televisive Xabungle e Aura Battle Dunbine. Sarà per queste ragioni che il regista, diventato celebre per il chara design creato per il videogioco Lunar (praticamente identico a quello da lui realizzato in Giant Robot e GIN REI), si è circondato di coetanei di talento: lo sceneggiatore Ichiro Ookuchi (1968, Project Arms), il character design Naoyuki Onda (1962, Il cuneo dell'amore), autore anche degli e-konte, e il sakkan Satoshi Iwataki (1980, Blood+). Quanto ai dati va detto che L'uovo del Re Dominatore al box office giapponese si è piazzato all'undicesimo posto raggranellando poco più di un milione e mezzo di dollari, mentre in soli due giorni di programmazione il terzo episodio, uscito a inizio febbraio, ha guadagnato 399 mila dollari. Molto poco, come poche sono le 93 sale cinematografiche messe a disposizione dalla Warner. Eppure Kubooka già mormora di una possibile prosecuzione della saga. Ovviamente, non vediamo l'ora.