Intervista a Isao Takahata: parte prima
INFORMAZIONI SCHEDA
di
Luca Rosati
Dal blog Capitan Barikko, spazio personale curato da Andrea Baricordi, che fa parte di Kappa Edizioni e ha curato la collana della serie "Lupin III Millennium" ecco la prima parte di un esclusiva intervista al grande e mitico Isao Takahata, fondatore insieme ad Hayao Miyazaki dello Studio Ghibli e autore tra l' altro degli anime più belli degli anni '70 e '80.
Molti credono che il primo cartone animato giapponese giunto in Italia
sia stato Goldrake. Sbagliato. Poche settimane prima fu la piccola
HEIDI a irrompere sui teleschermi italiani, e a dare il via al fenomeno.
A
trent'anni esatti dall'arrivo in Italia di HEIDI, e durante il
centenario di ANNA DAI CAPELLI ROSSI, intervistiamo il settantaduenne
regista giapponese Isao Takahata, che si è occupato di entrambi i
personaggi (e di molti altri) nelle popolarissime versioni animate
viste anche in Italia. Un ringraziamento a Susanna Scrivo e Keiko
Ichiguchi per il prezioso supporto nella realizzazione di questa
intervista, che a breve potrete leggere anche su carta stampata.
ABK
- Nel febbraio del 1978 è arrivata in Italia Heidi, la prima serie
animata nipponica apparsa nel nostro paese, divenendo
contemporaneamente spartiacque generazionale e pietra miliare. Molti
trenta-quarantenni di oggi sono appassionati di cultura giapponese per
una serie di conseguenze derivate da quell'evento, e se in Giappone è
stato Osamu Tezuka a dare il via alla passione per fumetti e cartoni
realizzati nel suo paese, in Italia questo merito va a lei.
IT -
Quando ho visitato l'Italia, molte persone mi hanno detto che Heidi era
da sempre il loro cartone animato preferito. E ogni volta che me lo
dicevano, mi sentivo davvero molto commosso. E pensare che questa serie
fu realizzata in condizioni davvero difficili: lavoravamo al ritmo di
un episodio alla settimana, e siamo riusciti ad arrivare al
completamento dell'ultimo solo grazie all'impiego di molta energia e al
grande impegno personale da parte di tutto lo staff. E' per questa
ragione che non ho parole per dire quanto mi sia sentito incoraggiato e
ripagato appena ho saputo che Heidi era tanto amata all'estero,
soprattutto in Italia e in Spagna. E' un vero onore e un immenso
piacere per me se davvero gli italiani hanno iniziato a interessarsi
alla cultura giapponese tramite le nostre opere. Grazie di cuore.
ABK - Quando, esattamente, decise che si sarebbe occupato di cartoni animati? E cosa la portò a decidere questo?
IT
- A dire la verità non ho mai preso una decisione cosciente in questo
senso. Nel 1959, anno in cui mi sono laureato in Letteratura Francese,
ho partecipato a un concorso pubblico della storica azienda
cinematografica Toei Doga, il cui scopo era quello di reclutare nuovi
assistenti alla regia. Molto semplicemente, loro mi hanno preso, e ho
cominciato a lavorare: è stato l'unico concorso a cui abbia mai
partecipato per trovare un impiego. Da piccolo mi era sempre piaciuto
il disegno, e anche oggi sto continuando una serie di ricerche sulla
pittura: ho scritto un libro sugli emakimono (rotoli di carta recanti
dipinti e saggi calligrafici) intitolato Cartoni animati del XXII
Secolo, pubblicato da Tokuma Shoten, in cui cerco di dimostrare quanto
questa forma artistica assomigli ai film d'animazione, mentre per
quest'anno è prevista per Iwanami Shoten la pubblicazione di un libro
in cui parlo di una selezione di dipinti di ogni paese del mondo.
Nonostante questo, non sono mai stato un pittore, per cui molti mi
chiedono come mai sia arrivato a occuparmi della regia di cartoni
animati. Io ritengo che sia stato grazie all'incontro incontro con uno
straordinario film d'animazione realizzato nel 1952 da Paul Grimault e
intitolato La Bergère et le Ramoneur, rieditato nel 1979 col titolo Le
Roi et l'Oiseau. Questo film arrivò in Giappone nel 1956, e mi
affascinò a tal punto da farmi percepire l'enorme capacità espressiva
insita nel cinema d'animazione. L'anno scorso ho chiuso un cerchio, e
ho scritto un libro sull'opera di Paul Grimault intitolato Manga Eiga
no Kokorozashi ("Finalità dei film a cartoni animati") anch'esso
pubblicato da Iwanami Shoten: sono convinto che se non avessi visto
quel film, non avrei scelto di fare questo mestiere.
ABK - Ci può raccontare i suoi primissimi passi nel mondo dell'animazione? Dove, come e quando ha iniziato?
IT
- Nell'aprile nel 1959 ho cominciato a lavorare alla Toei Doga. Mi
hanno assunto in qualità di assistente alla regia, ma a dire la verità
mi hanno impiegato in lavori di qualsiasi genere. Durante quel periodo
ho imparato molto sulle tecniche necessarie alla realizzazione di
cartoni animati. Animare i personaggi, trasferire i disegni sui fogli
di acetato, colorarli, fotografarli, montare le sequenze, aggiungere il
suono e la musica... Ho operato in ognuno di questi campi e ho fatto
amicizia con le persone che vi lavoravano quotidianamente. Dopo di che,
ho lavorato per un lungometraggio a cartoni animati come assistente
alla regia, e successivamente sono passato alla mia prima vera e
propria regia per la serie TV Okami Shonen Ken (Ken il Ragazzo Lupo).
Ma ringrazio il lungo periodo che ho passato da apprendista e
subalterno, perché è stato veramente utile e significativo, sia per il
lavoro, sia per per la mia vita.
(fine della prima parte - continua)
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