Intervista a Ivo De Palma, doppiatore di Pegasus (Seiya)

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Il sito ItalyManga ha riportato un' intervista fatta a Ivo De Palma, famosa voce conosciuta da tutti noi anime fan per aver prestato la voce a Seiya (meno conosciuto in Italia come Pegasus) protagonista principale, insieme agli altri cavalieri di Atena (Bronze Saint) dell' anime Saint Seiya (da noi conosciuto come "I Cavalieri dello Zodiaco") anime pubblicato in dvd da Yamato Video e ispirato all' omonimo manga di Masami Kurumada e pubblicato in Italia da Star Comics

Noi di Everyeye ve la riportiamo, ringraziando ovviamente la gentilezza di ItalyManga:

Ivo De Palma nasce a Napoli 9 marzo 1962, inizia a lavorare nelle radio private ed approda, dopo studi di dizione e recitazione, al mondo del doppiaggio negli anni '80.
Molto attivo, oggi è doppiatore, direttore del doppiaggio e docente di recitazione e doppiaggio.
Ha ha prestato la sua voce sia ad attori in carne ed ossa, sia a personaggi di cartoni animati ed anime, arrivando a vincere, nel 1997, il "Tokimeki Anime Award" per la sua interpretazione di Fuma Mono nel film d'animazione "X - 1999".
E' oggi una delle voci più amate ed apprezzate dal pubblico italiano, tanto che nel 2008 è stato richiamato a gran voce dai fans per doppiare il personaggio di Seiya (Pegasus) in "Saint Seiya", serie della quale è anche direttore del doppiaggio.
Sul sito ufficiale di Ivo De Palma si trovano interessanti ed utili informazioni relativi a corsi di doppiaggio, mentre nel suo canale di Youtube vengono illustrate e descritte le varie fasi del lavoro.

- Il mestiere del doppiatore è legato in maniera indissolubile a quello dell'attore. Possiamo dire infatti che il doppiatore è di fatto un attore. Come mai però capita che attori di cinema/televisione, anche bravi, ottengano performance di bassa qualità quando si cimentano in sala di doppiaggio? Cosa differenzia quindi due mestieri tanto vicini ma che all'atto pratico sembrano così distanti?

Il semplice, ma sostanziale fatto che l'attore doppiatore ha lavorato, nel corso della propria esperienza professionale, a partire dalle primissime basi, sulla tecnica e l'espressività vocale, mentre attori impegnati prevalentemente in video o in cinema hanno sviluppato altre qualità, non necessariamente o non soltanto vocali. Comunque, talvolta, questa "bassa qualità" può essere miracolosamente funzionale alla resa di un dato personaggio. Contrariamente a molti, io ho apprezzato Fabio Volo sul panda Po di "Kung Fu Panda". Un personaggio sempliciotto e naif, che la recitazione microfonica un po' acerba di Fabio Volo ha secondo me reso piuttosto bene. Altro connubio molto, ma davvero molto riuscito è quello della voce di Amanda Lear sulla stilista de "Gli Incredibili". Piuttosto buoni Ale e Franz nell'ultimo "Madagascar 2", Fiorello comunque fenomeno su Garfield, e non male Tiziano Ferro nel grosso ruolo avuto in Sharks (dove invece i Pali e Dispari non mi hanno affatto convinto: manco si capiva che dicevano...). Inascoltabili, ahimè, la D'Amico in Eragon e Dj Francesco in Robots.

- Tempo fa scoppiò un caso su internet, con petizione annessa, riguardo il cambio della voce di Tom Cruise che smetteva di "parlare" con la voce di Roberto Chevalier. Nel mondo del doppiaggio come funzionano i meccanismi che associano un dato doppiatore al dato attore e come mai capita che alcuni attori famosi, come Jim Carray e Robin Williams, non riescano ad avere una continuità nel proprio doppiaggio?

Il marketing dei distributori segue logiche che noi comuni mortali (per quanto addentro all'ambiente) non possiamo conoscere, e raramente la verità è quella che i vari uffici stampa si premurano di divulgare... Tralascerei quindi i commenti sui casi specifici e inviterei il vostro pubblico a ragionare sul seguente punto: un colosso di Hollywood è in genere in grado di interpretare ruoli molto diversi tra loro. Ma questo significa automaticamente che anche il suo doppiatore lo possa fare? L'orecchio si affeziona alla voce, e pretende sempre quella (e tutto sommato anch'io appartengo a questa schiera), ma una certa logica, un po' più distaccata, vorrebbe che a ruolo diverso si abbini la voce italiana che meglio lo rende... Che ne pensate?

- Lei ha avuto la possibilità di lavorare sotto la direzione di uno dei "mostri sacri" come Roberto Del Giudice. Che tipo di persona era? Inoltre essendo anche lei un direttore di doppiaggio, com'è lavorare alle dipendenze di qualcun altro? Si arriva anche allo scontro a causa delle differenze di vedute sul lavoro e sul personaggio a cui si presta la voce?

L'affermazione da cui parte la domanda è errata. Non ho mai lavorato sotto la direzione di Del Giudice, del che, naturalmente, non posso che rammaricarmi. Il film di Lupin III finito nelle sale venne doppiato a Milano, con la direzione dell'ottimo Aldo Stella. Registrammo tutti in colonna separata. Dunque io manco lo vidi, Del Giudice... Riguardo alla seconda parte della domanda, un professionista sa stare al proprio posto. Se dirige lui è un conto, se dirige qualcun altro, l'ultima parola è di quest'ultimo. Allo scontro direi che è stupido arrivare... e anche poco saggio, se si vuol continuare a lavorare per quel direttore...

- Alcuni doppiatori "veterani" si sono lamentati riguardo la recente tendenza che porta al doppiaggio giovani doppiatori che non hanno fatto una debita gavetta o non hanno alle spalle esperienze in campi quali il teatro, da molti considerato fondamentale. Qual è la sua valutazione in merito? Ed inoltre, se avesse una bilancia su cui mettere "esperienza" e "predisposizione", da che parte penderebbe l'ago?

Se c'è la predisposizione, tanto meglio. L'esperienza si accumula lungo l'arco di un consistente periodo di tempo, quindi non è cosa con cui si può nascere. I veterani intendono il doppiaggio come un punto d'arrivo, mentre i giovani lo concepiscono spesso come un punto di partenza. Certo il mercato è molto cambiato, e i giovani hanno le loro buone ragioni, oltre che più ampie possibilità di inserimento rispetto al passato. Ma i veterani hanno altrettanta, se non maggior ragione a ribadire che se ci si avvicina al doppiaggio cinetelevisivo senza porsi innanzitutto problemi di tipo attorale, quindi artistico e interpretativo, ma solo contando su uno scilinguagnolo radiofonico e/o pubblicitario, non si va tanto lontano, e la qualità artistica media della categoria si abbassa...

- Recentemente le reti italiane tendono a proporre le serie televisive con un margine di tempo ristretto rispetto alla trasmissione originale. Questo ha però deteriorato in alcuni casi la qualità del doppiaggio. Quanto influisce la ristrettezza dei tempi sulla qualità del lavoro finale e cosa ne pensa di questa nuova tendenza?

Influisce molto. Il cliente è bizzarro per conto suo: magari ti fa correre come un matto, per poi mandare in onda il prodotto l'anno dopo... Ma anche gli stabilimenti hanno i loro tempi e i loro ritmi. Una serie può anche non essere urgente, ma se lo stabilimento deve riempire le sale e far lavorare gli stipendiati (cioè i dipendenti, fonici e ottimizzatori vari), purtroppo ti fa correre lo stesso... Che ne penso? Beh, io sono pagato per fare un certo lavoro. Che la gattina frettolosa partorisca i micini ciechi lo sanno tutti. Se cliente e/o stabilimento non ne tengono conto, mi spiace, ma coi mutui da pagare e i figli da mantenere non sta certo a me sindacare.

- Si riscontra ultimamente una scelta linguistica negli adattamenti che avvicina maggiormente i testi all'uso corrente della lingua italiana piuttosto che alla sua forma corretta. Un esempio è il congiuntivo che viene spesso "errato" o sostituito con il Passato Prossimo. Secondo lei i testi devono conformarsi all'evoluzione/involuzione della lingua o mantenere almeno in questo ambito la sua forma corretta (ovviamente si escludono le casistiche in cui "l'errore" è parte integrante del personaggio che si sta adattando)?

E' nato prima l'uovo o la gallina?
L'arte deve fotografare la realtà, o indirizzarla?
Il problema è molto più ampio di quanto non si creda.
Ma spesso è il repertorio stesso, nonché il cliente e la destinazione finale, a dettare come comportarsi.
Il cinema è spesso cruda fotografia del reale, quindi una maggiore libertà espressiva è consentita. Il pubblico sa che al cinema la parolaccia è consentita, e a volte la pretende...
La tv tende a "normalizzare", quindi è richiesta comunque una forma mediamente corretta, senza eccedere in realismo.
Su determinate produzioni, poi, il cliente può intervenire con dettami ben precisi, che condizionano l'adattamento in italiano.
Il congiuntivo è un problema spinoso. Il doppiaggio romano lo sacrifica spesso perché i romani stessi lo sacrificano spesso... In più, in originale non esiste (originale angloamericano), quindi a volte pare una forzatura introdurlo in italiano. A volte sembra che quel sacrificio sia un errore, mentre invece non lo è. Il purismo mi può star bene, ma allora fino in fondo. Se dico, sottolineando molto l'intenzione, "Sono sicuro che è così", questo non è un errore, perché l'espressività della lingua, specie in un contesto parlato, ha il sopravvento su tutto il resto. Posso scegliere di non stemperare il concetto di sicurezza inserendo il congiuntivo (che è un modo verbale più vago e ipotetico) ma di sottolinearlo, invece, ribadendolo con l'indicativo. Le battute dei personaggi sono italiano "parlato", non scritto. Il dialoghista le scrive, ma non deve cadere nel tranello di considerarle, per ciò stesso, scritte. Un po' come dire: "non c'è nessuno". Dal punto di vista logico è sbagliato, perché, negando che ci sia nessuno, affermiamo che c'è qualcuno, cioè l'esatto contrario. Invece, espressivamente parlando, la doppia negazione (che in logica significa affermazione, così come in matematica "meno + meno = più") vale come negazione rafforzata, quindi funziona lo stesso, se non di più. D'altronde, chi di voi mai direbbe: "non c'è alcuno"?????
Ciò che la lingua acquista in espressività, perde in logica. La lingua matematica perfetta, miraggio di molti filosofi del linguaggio, è rimasta infatti, e non a caso, un traguardo inarrivabile.

- Negli ultimi anni c'è stato un notevole incremento degli investimenti da parte delle produzioni videoludiche ed il loro rapporto con il pubblico è diventato simile a quello di una generica produzione cinematografica. Nell'ambito però dell'adattamento, la traduzione dei testi e il doppiaggio non ricevono (specialmente in Italia) le medesime attenzioni, risultando quindi sottotono da questo punto di vista. Cosa ci può dire a riguardo?

Il doppiaggio dei videogiochi viene purtroppo gestito in modo molto diverso da quello delle produzioni cinetelevisive, anche se, miracolosamente, in alcuni casi il risultato è comunque accettabile. Spessissimo recitiamo "a nero", quindi senza il visivo, e senza veri e propri direttori di doppiaggio a seguire il lavoro. Insomma, è tutto detto...

- Quali sono le differenze sostanziali tra doppiare un attore in carne ed ossa e un personaggio disegnato?

Il disegno è un disegno. Bello, ma un disegno. Il vissuto, le emozioni i pensieri del personaggio lì dà soltanto la voce. E come dico sempre, lo fa dai tempi di Omero! Attualmente, la voce è uno dei pochi, se non l'unico contributo interamente umano all'animazione di un cartone. Spero ancora per molto tempo, "digital domain" permettendo... Ma un cartone non respira, mentre noi dobbiamo farlo... E in più la voce si distende su un tappeto sonoro fortemente drammatizzato. A volte, bisogna anche "caratterizzarla", cioè cambiarla un po'. Insomma, tecnicamente il cartone è molto più difficile. Gli attori in carne ed ossa, invece, sono più difficili psicologicamente. Non è più la parodia della vita, ma la vita (più o meno) vera... tutto un altro paio di maniche, dal punto di vista artistico ed espressivo.

- In Italia gli anime sono ancora considerati da molti "cose da bambini". Lei, dopo aver doppiato tanti anime, cosa ne pensa?
Esistono inoltre alcune serie che, per tematiche e contenuti, risultano adatte ad un pubblico più maturo. Dirigere e adattare di tali serie può essere paragonato a quello di serie televisive vere e proprie oppure l'animazione rimane un ambito a sé?


E' ovvio che esistono produzioni animate anche per adulti, sia giapponesi che americane. Queste ultime sono finalmente pervenute anche da noi, perché in genere giocate su ironia e sarcasmo. Invece le produzioni per adolescenti o per adulti dell'animazione giapponese (cartoni hard a parte...) sono più difficilmente collocabili, televisivamente parlando, se non massacrandole con la censura, qualora proposti in fascia protetta. In Italia sembra una battaglia persa, perché gli orari in cui determinate produzioni potrebbero andare in onda sono tradizionalmente sfruttate, dai grossi network, a beneficio del pubblico adulto, che non si aspetta certo i cartoni, ma altre cose.

Adattare e dirigere un prodotto di animazione con la stessa attenzione con cui si affronta un prodotto con attori in carne ed ossa è senz'altro possibile, ma bisogna vedere che ne pensa il cliente. Quali indicazioni dà in relazione al marketing che ha impostato per quel prodotto, quanto tempo concede per arrivare a una qualità medio alta paragonabile a quella di altri prodotti.

- Il doppiaggio della nuova serie di Saint Seiya ha portato ovviamente molta pressione su di lei da parte dei fans. Capita spesso che serie o telefilm con un grosso fandom (es. Star Trek) necessitino di attenzioni maggiori per evitare incongruenze e/o strafalcioni. Come vede in quest'ottica l'assistenza che la schiera di fan può fornire agli addetti ai lavori e nel suo caso specifico, come è stato lavorare con i ragazzi dell'SSDS ed in generale con gli utenti del suo forum?

Vedo benissimo questo tipo di interazione, che ho via via sempre più intensificato sul forum del mio sito, fino ad aprire i cantieri dell'adattamento dialoghi del Meikai.

- Al di là dei riconoscimenti e delle soddisfazioni lavorative personali, quanto sono importanti il sostegno e/o le critiche degli ammiratori? E prima dell'avvento di internet, quali erano i segnali o i modi con cui arrivavano gli entusiasmi del pubblico?

Arrivavano nelle segreterie telefoniche di una volta... quando miracolosamente i fans riuscivano a scoprire il numero di telefono. Le critiche servono a tenerci svegli, quindi sono anch'esse benvenute purché siano chiare due cose:
1) non si può piacere a tutti, e a un certo punto bisogna tracciare una strada e percorrerla fino in fondo.
2) un conto è la critica professionale, tutto un altro quella personale, che respingo senz'altro al mittente.

- Le è mai capitato di vedere un personaggio (animato o reale) e dire "Questo mi sarebbe piaciuto doppiarlo?

Beh, l'elenco sarebbe molto lungo...

- Che consigli si sente di dare a chi volesse intraprendere la strada del doppiatore? Ci può dire qualcosa dei corsi che organizza?

Tutte le informazioni sui miei corsi sono disponibili sul mio sito. Lavoro con pochissime persone, quindi l'investimento è ben riposto. Come detto, il doppiaggio è un mestiere vero e proprio, quindi l'obiettivo professionale non può prescindere da seri approfondimenti tecnici e artistici. Chi non è sufficientemente motivato è probabilmente meglio che si dedichi ad altro.