Panini Comics: intervista al disegnatore Marvel, Carmine di Giandomenico

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La casa editrice modenese Panini Comics ha pubblicato un' intervista divisa in due parti del disegnatore italiano, ingaggiato attualmente dal colosso dei fumetti americani Marvel, che come sappiamo è stato acquistato dalla Disney pochi giorni fa, Carmine di Giandomenico. L' autore ci parla della sua esperienza nel disegnare personaggi famosi che hanno fatto la storia del fumetto americano in tutto il mondo come Magneto e Devil. 

Intervista a Carmine di Giandomenico

Possiamo chiederti come stai vivendo, da quotato disegnatore Marvel, l'epocale entrata di Disney nel mondo editoriale della Casa delle Idee?

A dire la verità, trovo positivo questo evento epocale di due universi così diversi che si uniscono, con delle risorse in più a disposizione per entrambi i colossi mondiali della fantasia. E con nuove opportunità di poter creare nuovi personaggi ed eventi con un nuovo marchio editoriale.
Ma allo stesso tempo un po' mi spaventa per gli effetti che si potrebbero avere in questi mesi a venire, nel resto del mondo, ma soprattutto in Italia. Vedremo cosa accadrà.

Si può vestire un personaggio già noto di un'idea creativa? Entro quali limiti si può innovare la tradizione? Qual è il limite che non si dovrebbe superare?

Ogni personaggio può essere preso e interpretato all'infinito, con idee nuove e fresche per poterlo rigenerare ogni volta.
Un esempio è l'ultima operazione svolta su Spider-man. Che ha riportato Peter Parker ad una nuova giovinezza, ripescandone i sapori e le avventure del periodo di Stan Lee/ Romita.
Personalmente queste operazioni mi piacciono, se fatte con intelligenza e idee creative fresche, ma solo per brevi periodi. Il motivo, ed è il mio personale modo di vedere le cose e non una legge cosmica, è che si rischierebbe di fossilizzare il personaggio, perdendone il percorso evolutivo e rendendolo la caricatura di se stesso, e conseguentemente poco credibile.
Preferisco storie dove il personaggio abbia un inizio e una fine, che possano quindi dare al lettore un tracciato ben definito che conduca ad amarlo fino alla fine. Estremizzare e ripetere all'infinito un personaggio anche ben caratterizzato, rischia di diventare stucchevole e noioso.

Non hai mai nascosto la tua passione per DEVIL, personaggio che a lungo hai desiderato di poter disegnare e che finalmente hai rappresentato in una storia di rara potenza simbolica, BATTLIN' JACK MURDOCK. Cosa significa per te questo personaggio? Perché sei diventato un fan del Diavolo Rosso?

Il personaggio di Devil per me rappresenta tanto, anche la mia vita. Ricordo quando mi sono riavvicinato la prima volta alla lettura di fumetti di Supereroi dopo il periodo della Bunker.
La prima volta che ho letto Devil è stato sotto i dialoghi e disegni di Miller e, per chi come me sognava di disegnare fumetti, è stata una folgore a ciel sereno. Il Devil di Miller è un punto di rottura sulla visione dell'eroe perfetto, trasformato nell'eroe contraddittorio e pieno di problemi con il proprio Io.
Una rottura narrativa nel fumetto di Supereroi che ha forgiato gli anni '80 segnando uno spartiacque epocale, non solo con Miller ma con  altri grandi maestri del fumetto come Moore e Talbot, anche se è bene ricordare che questa nuova linea narrativa era stata già intrapresa e accennata dal un grande maestro Will Eisner.
Una nuova visione noir del genere e nello stesso tempo piena delle contraddizioni psicologiche del personaggio. E proprio questo rinnovamento apportato da Miller, ha fatto sì che io mi innamorassi di Devil alla follia. Come dimenticare l'episodio successivo alla morte di Elektra dal titolo "Roulette", che è proprio l'esempio migliore per farvi capire cosa intendo dire?
Inoltre il Devil di Miller non ha introdotto solo la rottura narrativa a livello di sceneggiatura, ma anche a livello di Storytelling, dove la sequenzialità delle vignette viene smembrata e ricompattata con l' aggiunta di movimenti narrativi ripresi dal linguaggio del cinema, e aprendo così una nuova formula per interpretare la pagina a livello visivo.
Da li in poi, mi sono appassionato e ho cercato di recuperare e leggere tutto di Devil, e nello stesso tempo di seguirlo costantemente fino ad oggi. E ho apprezzato molto anche le storie precedenti al periodo Miller, dove ho potuto ammirare i disegni del mio celebre omonimo di nome,  Carmine Infantino, che ha realizzato un ciclo narrativo meraviglioso con una saga dell'Uomo Violetto (Purple Man), saga poi citata e ripresa da Loeb nel volume DEVIL: GIALLO.
In più in Devil rivedo molto parte della mia vita professionale, soprattutto con la grande storia di BORN AGAIN, dove l'uomo viene distrutto, ma poi risorge con più forza e carattere. Cosa che in maniera surreale mi è accaduta professionalmente.
Quindi ho sempre sognato di poter arrivare e a poter toccare quelle corde che appartengono al personaggio di Devil. Come una mia voglia di volerlo ringraziare per quello che ha rappresentato nella mia giovinezza. E il destino mi ha dato una grande mano. Avevo in mente la storia di BATTLIN' JACK MURDOCK da anni, e mi sono sempre chiesto come fosse possibile per un uomo crescere il proprio figlio cieco, tenendolo lontano dalla corruzione della strada. Ma soprattutto per lungo tempo non mi sono spiegato di come, e perché, fosse possibile prendere improvvisamente una decisione così forte come l'andare incontro alla morte senza pensare alle conseguenze che si sarebbero ripercosse poi sul proprio figlio. Cercando proprio di rispondere a questa domanda, e tenendo conto di tutti i tasselli lasciati da Miller, Stan Lee e Loeb,  è nata la mia storia. Ho voluto dare una valenza più forte e decisa alla figura di questo padre che si redime agli occhi del proprio figlio, ma con una motivazione in più.
Durante la realizzazione della storia e della sceneggiatura sono stato seguito dall'editor Simons Warren, che vedendo una storia blindata e definitiva sulle origini del personaggio di Devil, che non avrebbe più dato sbocchi per altri sceneggiatori e disegnatori, ha deciso di inserire nel progetto Zeb Wells, con il quale ho collaborato, per rivedere insieme la trama e ricostruirla secondo dei canoni Marvel prestabiliti e creare nuove porte per nuovi sviluppi. E stata un'avventura che non dimenticherò mai.
 
Quali sono le caratteristiche che secondo te rendono "vincente" una storia di DEVIL?

Credo in parte di aver già risposto a questa domanda involontariamente prima. Ma gli elementi che non devono mancare sono l'atmosfera noir e il tema poliziesco, più il giusto pizzico di contraddizione del personaggio. Ingredienti questi che Brubaker e Bendis sono riusciti a miscelare, creando un nuovo ciclo narrativo che ha rigenerato il personaggio di Devil, facendo rivivere al personaggio strutture narrative semplici del passato come quelle di Stan lee, ma con dialoghi e scansioni temporali moderni.

Nel corso degli anni il tuo stile si è incredibilmente evoluto, passando da un tratto ipercinetico e dinamico a uno più classico, leggermente cartoonistico, che a volte può ricordare quello di Joe Quesada (e spero lo prenderai come un complimento), ma al tempo stesso molto personale. Quali esperienze hanno influenzato questa tua evoluzione?

Cavolo se è un complimento!!! Troppo buono!
Per quanto riguarda il mio modo di disegnare non saprei come descriverlo oggi, nel senso che come tutti ho iniziato a seguire e cercare di catturare le cose che mi piacevano dagli autori americani che attiravano la mia attenzione, ma non solo loro ovviamente, anche autori europei, e italiani.
Dalla miscela di tutti quegli input e influenze, mi sono costruito uno stile diciamo "personale", che chiaramente è stato necessario sottoporre a continua evoluzione, credo anche per la scelta di mettersi sempre a confronto con storie differenti tra loro da illustrare.
Credo che la vera bravura di un disegnatore sia quella di saper adattare il proprio tratto alla trama che deve rappresentare, in modo da mettersi sempre in discussione e cercare nuove strade, o meglio soluzioni che lo portano inevitabilmente ad una crescita grafica graduale.  Le storie che mi hanno fatto crescere sono indubbiamente quelle realizzate in coppia con Alessandro Bilotta.
Ma quelle che mi hanno dato di più sia a livello grafico che personale, sono stati Oudeis la mia prima opera da autore completo, e il Dylan Dog Colorfest n.2, sempre sui testi di Bilotta. Due generi tra loro opposti, che mi hanno fatto ampliare le mie vedute narrative.
Il primo Oudeis è proprio il risultato di un gioco. Ho voluto interpretare l'Odissea omerica in una chiave personale e futuristica, dove vigila il flusso di coscienza del protagonista. E' stata la mia prima esperienza alla sceneggiatura e mi ha permesso anche di capirmi più a fondo, su quello che mi piacere descrivere e su come amo interpretare certe storie e personaggi. Mentre per il disegno e la struttura narrativa della pagina, ho preso le vignette come dei pezzi di un puzzle, e ho cercato di creare una struttura che mi rappresenti, unendo il linguaggio del cinema, con i suoi movimenti di macchina, a quello del comics, un approccio che si è rivisto in seguito nelle pagine di BATTLIN' JACK MURDOCK.
Mentre per il secondo Dylan Dog ColorFest n.2, grazie alla sua realizzazione ho imparato a conoscere più a fondo la struttura narrativa "classica" ( anche se guardando bene e dopo attento studio, la "gabbia" standard ha dietro un lavoro di bilanciamento dell'immagine e della struttura narrativa molto più innovativa delle vignette sovrapposte ed esplosive) che mi ha fatto imparare nuove formule di narrazione fondamentali per chi poi voglia sperimentare ulteriormente. E ho ripreso questa esperienza e il suo bagaglio proprio nell'illustrare la miniserie di MAGNETO TESTAMENT su testi di Greg Pak.

In precedenti interviste hai paragonato il pantheon dei supereroi a una nuova mitologia, e i loro fumetti all'epica moderna. Se lo scopo di Omero era di creare e propagandare un corpus di valori e di ideali codificati da una civiltà, quale compito spetta agli autori di fumetti?

Lo stesso identico compito che ha svolto Omero. Certo ognuno con obiettivi comunicativi differenti tra essi, ma tutti con uno scopo comune, quello di far sognare i ragazzi e fargli vivere avventure e mondi fantastici.
Non a caso proprio come Omero che ha utilizzato la figura degli dei per raccontare le debolezze umane, e lo spaccato politico e sociale del periodo storico in cui essi vivono, anche nel mondo dei Supereroi, oggi gli autori che ne sviluppano le avventure, sono soggetti proprio allo stesso lavoro fatto dal cantastorie greco. Esistono delle leggi e degli avvenimenti attuali che influenzano le trame, e le scelte dei personaggi supereroistici, ma con la peculiarità di renderli immortali nelle loro gesta.
E anche nella loro struttura fisica disegnata i Supereroi sono rappresentati in maniera possente, volti decisi e occhi penetranti, fisici perfetti, proprio come i bronzi e le statue greche che rappresentano i loro miti.
Inoltre è anche evidente di come la struttura narrativa dell'Odissea di Omero sia stata clonata fino ai giorni nostri, attraverso mille storie illustrate con personaggi differenti. Ma ognuno con la stessa valenza dei personaggi dell'Odissea. Ogni personaggio attuale ha una prova da superare, uno scopo da raggiungere, e durante il suo percorso si ritrova ad affrontare il proprio Ciclope, titano, dio avverso, è ammaliato e confuso dalla Circe di turno, tutte figure narrative essenziali per impedirgli il percorso che il nostro eroe deve svolgere. E ogni Supereroe, proprio come Ulisse, ha sempre una Penelope da raggiungere o salvare. Il Supereroe o un personaggio qualsiasi del mondo dei fumetti deve sempre partire da un punto A per arrivare ad un punto B, e lungo questa strada deve scegliere fra tanti bivi e superare tante intemperie, che in fine lo porteranno comunque al punto prestabilito ma con un grado di maturazione diverso. Spero che questo fiume di parole sia servito a qualcosa e che sia chiaro quello che volevo scrivere...

Pensi che nel XXI secolo ci sia ancora spazio per il Fumetto come forma di ispirazione? O nel mondo dell'apparenza e dello show-business la Nona Arte deve ormai "accontentarsi" di intrattenere?

Io personalmente non credo che il fumetto possa competere con le formule espressive e tecnologiche che il mondo sforna mese dopo mese.
Il fumetto è relegato al proprio io, proprio come il rapporto tra cinema e teatro. A questo punto forse la domanda da farsi è: il mezzo fumetto, inteso come espressione artistica, e chi ci lavora, ne gestisce la produzione, etc, è pronto a voler cambiare binari oramai arrugginiti, mentre tutti gli altri viaggiano sulla corsia preferenziale?
Mi spiego meglio; il problema non è il supporto cartaceo, che potrebbe essere considerato antico (personalmente, al contrario di quanto si possa pensare, lo giudico il suo punto di forza), ma è la formula di divulgazione che secondo me si dovrebbe cambiare, e anche una formula all'interno dell'albo stesso, dei suoi spazi di impaginazione, con delle pagine dedicate a sponsor che possono aiutare, oltre che a dare un contributo economico per la stampa e ammortizzare le spese, anche alla divulgazione dell'albo stresso con formule pubblicitarie diverse. Far arrivare il fumetto alla gente e non la gente al fumetto.
Questo giustamente è il mio pensiero nostalgico e romantico e lascio fare il proprio mestiere a chi lo fa da molto tempo, e conosce meglio di me le mille sfaccettature del settore. In fondo parlo da disegnatore e non da dirigente.
 

Essendoti cimentato sia al disegno che al soggetto stesso di una storia, quale attività hai trovato più appagante?

Entrambe, scrivere e ideare storie mi piace moltissimo, e avrei dei soggetti da sviluppare e realizzare, Ma ci sono due problematiche. La prima è che la mia prima professione, cioè disegnatore, mi porta via molto tempo durante il giorno.
E il secondo, è che chi fa il disegnatore, in Italia, non spesso viene considerato come una persona che possa avere anche delle idee, quindi ogni volta che prova a proporre una storia viene visto come uno che vaga vaneggiando con la febbre a 40. Perché pensano: "ma come, tu disegni, mica scrivi o inventi?" Inoltre in Italia vige la regola per la quale bisogna spiegare sempre tutto, anche il minimo passaggio narrativo, con una didascalia o un balloon, altrimenti il lettore non potrebbe comprendere l'avvenimento raccontato in quell'istante. Cosa che personalmente trovo offensiva nei confronti del lettore, che oggi è diverso da quello degli anni '40. Ovviamente parlo in base ai miei gusti personali sul come raccontare storie.
Attualmente sto pensando ad un paio di storie che mi frullano per la testa e, prendendo coraggio, prima o poi, vedrò di svilupparle. Se usciranno non saprò mai dirvelo, ma ci proverò.
 

La tua produzione passata è stata all'insegna del tratto puro, evitando programmi di fotoritocco. Oggi sei riuscito a trovare un compromesso accettabile fra matite e software?

Ammetto che in passato ho criticato l'uso del computer, poiché lo vedevo freddo e distaccato dalla realizzazione di una pagina. Ma oggi mi devo ricredere. Attualmente esistono delle tecnologie e software avanzati che ti permettono di poter ricreare effetti tali che nel farli a mano ci si metterebbe un mese. Per quello che riguarda me personalmente, devo dire che ho preso una certa manualità con i nuovi mezzi tecnologici, solo nei miei ultimi 5/6 anni, ma per la prima parte, cioè realizzazione dei disegni e della pagina in bianco e nero, mi dispiace resterà sempre legata alla produzione manuale.
Esempio lampante è la lavorazione di MAGNETO TESTAMENT e de "La Dottrina" numero 4.


MAGNETO: TESTAMENT in edizione italiana sarà tra gli eventi Panini Comics della prossima Lucca Comics & Games. Cosa significa rappresentare in un fumetto l'orrore dell'Olocausto?

Prima di tutto per me è stato un onore poter avere l'opportunità di illustrare le origini di un personaggio così importante dell'universo mutante.
Inoltre dopo aver letto la sceneggiatura di Greg Pak e la stretta collaborazione con Simon Warren per la supervisione della trama e disegni, sono stato catturato dall'atmosfera che si è voluta creare.
Oltre ad essere un fumetto ambientato in un periodo storico oscuro dell'umanità, è anche una storia che parla di valori familiari e di sentimenti. Una struttura narrativa molto europea, e vicina al mio modo di affrontare una storia. Inoltre spero che chi si avvicinerà a questa storia possa riflettere, anche per un solo istante, su quel che abbiamo voluto descrivere, e non buttare la storia lì, senza leggerla, nella bacheca o libreria solo per uno scopo di collezionismo o di mercato.


Chi ha seguito l'edizione in originale ha avvertito tangibile malinconia trasudare dalle tue tavole. E' questo il sentimento principale che associ a Magneto?

Devo dire che mentre realizzavo Magneto ho attraversato un periodo poco facile, per dei problemi personali, e forse questo ha contribuito a far sì che nelle tavole si imprimesse questa malinconia.
Aggiungici poi, oltre a dover superare quel brutto periodo, mi sono ritrovato anche a dover illustrare scene che ti lasciano veramente senza parole; ero sbigottito nel pensare che certe cose siano accadute veramente. Ma alla fine al lettore non importa cosa tu possa aver passato durante la realizzazione, lui vede solo il risultato finale. E se tu mi scrivi che questa sensazione arriva al lettore per me non può essere che un piccolo appagamento professionale dopo tanta fatica.

Il lavoro di ricerca e ricostruzione storica per questa miniserie è stato imponente. Puoi raccontarci come si è svolto il tuo lavoro di documentazione?

Il mio lavoro di documentazione si è svolto in maniera facilitata, dove Greg Pak e Simons Warren mi hanno mandato allegati su allegati, in maniera da poter accelerare la produzione dei numeri, in un continuo inseguimento dell'uscita del nuovo numero mese per mese.
Mi arrivavano e-mail con allegati allucinanti, con immagini che nei libri di scuola non si vedranno mai. Ma quello che a me interessava maggiormente non era di lasciare il segno con una tuta mimetica o un carro armato disegnato nei minimi dettagli copiandolo da una foto, per me era importante l'espressività dei volti e della loro recitazione. Il mio desiderio è stato quello di voler far rivivere al lettore le emozioni reali che le persone, qui iconizzate attraverso i personaggi della miniserie, vivevano. Non so se ci sono riuscito, a giudicarlo saranno i lettori stessi.

Per questa produzione hai adottato uno stile affine alla drammaticità della storia (strato di pennarello di seppia diluito con acqua sul disegno iniziale, successiva scansione della tavola in toni di grigio per "ingabbiarla" in una struttura che richiami un claustrofobico senso di prigionia). Vuoi spiegarci l'evoluzione di una tecnica del genere?

La scelta della tecnica è stata repentina e spontanea non appena ho letto il soggetto, volevo che la storia potesse avere un gusto retrò. Come ho detto sopra, mi piace mettermi in discussione stilisticamente, a seconda del progetto che devo affrontare.
Ho ragionato sia sul modo di rappresentarla sia su come raccontarla.
La scelta della narrazione classica è stata operata per poter far vivere al lettore sia lo stato di claustrofobia cui hai accennato, ma anche per potergli dare l'opportunità di focalizzare l'attenzione sui dialoghi di Greg Pak. La tecnica in seppia si è resa necessaria per due motivi: il primo, per trasformare le pagine in scale di grigio attraverso Photoshop, senza perdere il disegno al tratto dei personaggi e degli sfondi. Il secondo, è che volevo rendere un effetto simile a quello dei documentari dell'epoca, come i filmati dell'Istituto Luce ad esempio. Peccato che non si possa avere una versione in bianco e nero per farvi comprendere il risultato finale al di là delle mie spiegazioni. Senza nulla togliere al lavoro svolto con il colore, che è impeccabile, credo che in bianco e nero l'intero volume poteva avere un impatto molto diverso. Almeno in Italia.
La mia non è una critica, ma solo un ragionamento fatto per valorizzare una storia importante sia per il tema che affronta, sia anche per la valenza storia che assume grazie alla sua ambientazione.
Infine voglio ringraziare Simone Bianchi per alcune dritte che mi ha dato, riguardo a come impostare il formato digitale e la risoluzione dello stesso, per non perdere effetti e passaggi delle scale di grigio.
Grazie Simone.


Come vedresti in prospettiva la possibilità che TESTAMENT venga utilizzato come possibile sceneggiatura per il Grande Schermo da parte dei Marvel Studios?
Inoltre, come sei arrivato a collaborare con Greg Pak a questo progetto?


Sono arrivato a Collaborare con Greg Pak attraverso il grande editor Simons Warren, che ci ha messo in contatto. Ci siamo trovati subito in sintonia. Per un eventuale utilizzo della nostra storia per un adattamento su Grande Schermo... beh, se ciò accadesse, credo che nel momento eventuale di leggere di un film basato sulla trama della miniserie MAGNETO TESTAMENT potrei rischiare di morire, e non voglio neanche pensarci. Faccio finta di niente che è meglio.. Che poi si sa come vanno a finire queste cose, partono e non partono. Quindi resto normale, e vado avanti come se niente si sia vociferato.


Greg Pak è un autore sempre più centrale all'interno della produzione Marvel. Avete instaurato un rapporto che presagisce altre collaborazioni future?


Forse in futuro le nostre strade potrebbero incrociarsi di nuovo, ma dipende tutto dai piani superiori come sempre.


Come sono i tuoi rapporti con la Marvel di Joe Quesada? Sono sensibili alle proposte e alle idee che possono venire anche da voi disegnatori, oppure tutto parte "dall'alto"?


Oddio questa è una domanda da un milione di dollari sonanti.
Non saprei che dirti, io personalmente mi ritengo fortunato, e il rapporto con Joe e gli altri editor della Marvel è di grande stima. Per future collaborazioni su progetti presentati da disegnatori italiani e sceneggiatori italiani non saprei dirti niente, credo che tutto debba essere deciso dai piani alti.
Per quello che riguarda me, posso solo dire che forse, per fortuna o merito, sono il primo caso italiano di autore che si presenta attraverso una semplice e-mail, con una storia importante sulle origini di un personaggio importante come Devil, e che gli viene accettata subito. Ed è ancora più sconvolgente il fatto che ancora oggi, non conoscendoci di persona, loro abbiano tanta fiducia nei miei confronti. Sicuramente sarà anche per il fatto che in questi anni mi sono sempre dimostrato affidabile e corretto, ma soprattutto sincero nei loro confronti. Ma se questo sogno è diventato realtà lo devo a chi ha seguito la mia collaborazione con loro, visto che non parlo e né scrivo inglese, ed è la mia compagna di vita Raffaella.

Hai regalato al tuo pubblico anni di avventure su carta, ma l'avventura più grande stai per viverla in prima persona questa domenica: il matrimonio! Oggi infatti Carmine Di Giandomenico si sposa!
Noi ti salutiamo con le nostre più sincere congratulazioni. Vuoi dirci qualcosa prima del grande passo con Raffaella?

Grazie per i vostri auguri, Raffa ringrazia anche lei!
Beh, che dire, sono emozionato e teso, per il futuro ovviamente, dato che questo non è un bel periodo storico... Ma voglio essere e siamo ottimisti!
Adesso sicuramente sto per iniziare la storia più importate sulla quale lavorare, ma per fortuna questa volta non sono da solo a doverla disegnare, e accanto ho una grande donna che riesce a comprendermi e a seguire le mie divagazioni surreali. Una donna forte, e paziente, a tal punto da sopportare persino una grande "S" di Superman di 2 x 1,75 metri in salotto. E' ho detto tutto [ride&.
Un saluto a tutti e grazie per questa intervista! A presto ragazzi!

Intervista raccolta da Marco Cecini.

Ringraziamo noi Carmine per la sua disponibilità, e gli rinnoviamo i nostri migliori auguri per il suo matrimonio.
Come avrete notato, da qualche giorno la sezione PODCAST è dedicata ad alcuni video (segnalati proprio da Carmine) ispirati a
BATTLIN' JACK MURDOCK e a MAGNETO TESTAMENT, speriamo che siano di vostro gradimento.

Panini Comics: intervista al disegnatore Marvel, Carmine di Giandomenico